Teresa Pepe, Blogging from Egypt: Digital Literature, 2005-2016

in La rivista di Arablit, a. XIII, n. 25, giugno 2023, pp. 98-103.

Lo sviluppo del web a livello globale ha favorito il proliferare di nuove forme di scrittura, di cui i blog costituiscono un esempio interessante e assai poco indagato. Blogging from Egypt di Teresa Pepe, professoressa associata dell’Università di Oslo, raccoglie la sfida di studiare i blog come forma letteraria a partire dalla blogsfera egiziana, analizzandone lo sviluppo e il declino tra il 2005 e il 2016. L’autrice attinge da teorie e metodologie che spaziano dagli studi sui media agli studi letterari, all’antropologia e alla sociolinguistica, offrendo un approccio nuovo ed efficace per la ricerca sulla letteratura digitale.

Nell’introduzione [pp. 1-27], Pepe spiega che il blogging è emerso come fenomeno in Egitto a partire dal 2005, con l’introduzione della tecnologia Web 2.0 e degli strumenti di scrittura in alfabeto arabo. In quanto spazio relativamente non toccato dalla censura e che permetteva di rimanere anonimi, il blog è apparso a molti giovani egiziani come un ottimo mezzo di espressione, di critica sociale e di condivisione. La sua natura interattiva e la possibilità di aggiungere collegamenti ipertestuali ad altri testi, audio, video o immagini hanno favorito lo sviluppo di nuove forme estetiche. Per via dell’assenza di controlli e revisioni su Internet, inoltre, i blogger hanno potuto sperimentare uno stile di scrittura che mescola elementi dell’arabo standard, del dialetto, dello slang giovanile e dell’inglese, in un modo che non ha precedenti nella letteratura araba. L’autrice definisce i blog come «autofiction» / «autofictional blog» [p. 7], ovvero una forma letteraria a metà tra autobiografia e romanzo, in cui il confine tra realtà e finzione è sfumato. Infine, Pepe chiarisce la metodologia dello studio, basato su un campione di quaranta blog scritti tra il 2005 e il 2011 e due romanzi pubblicati all’indomani delle Primavere arabe. Questi documenti sono stati analizzati dal punto di vista letterario e linguistico. Oltre a ciò, l’autrice ha condotto un’analisi qualitativa intervistando trenta blogger per comprendere meglio le ragioni che li hanno spinti a scrivere blog e come questo li abbia aiutati ad affrontare il loro mondo interiore così come i vincoli imposti dalla società.

Nel primo capitolo, Arabic Literature Goes Digital [pp. 28-47], Pepe fornisce una panoramica sull’impatto che l’avvento di Internet ha avuto sulla letteratura araba dagli anni ’90 a oggi. Il web ha infatti rivitalizzato la scena letteraria nella regione e ha rivoluzionato le condizioni di produzione, distribuzione e ricezione dei testi poiché ha concesso di superare le distanze geografiche, sfuggire alla censura ed evitare i costi di pubblicazione, oltre a spingere gli autori a sperimentare nuovi stili e forme letterarie. Il blogging è stata una delle prime tecnologie introdotte con il Web 2.0, che permetteva a chiunque di aprire una pagina gratuitamente e pubblicare, avendo anche la possibilità di ricevere feedback da altri utenti. Molti giovani hanno usato il blog per raccontarsi in un modo che non sarebbe mai stato loro consentito nei media tradizionali o in pubblico, così rompendo tabù consolidati. Allo stesso tempo, molti blog sono stati stampati come libri poiché gli editori si sono resi conto che la blogsfera faceva emergere nuove idee e voci. Dal 2008, infatti, case editrici come Dār al-Šurūq hanno iniziato a pubblicare alcuni blog, dando loro dignità in quanto genere letterario. In questo modo, la letteratura araba ha iniziato ad arricchirsi, seguendo il doppio binario della dimensione online e di quella offline [p. 42].

Nel secondo capitolo, The Paratext of Egyptian Blogs [pp. 48-93], Pepe prende in esame il paratesto dei blog, ovvero le informazioni secondarie rispetto al testo principale, come i titoli, le immagini, i nickname dei blogger, i link ad altre pagine web, ecc. Vengono presentati e approfonditi gli elementi paratestuali di sei casi studio1 che fanno parte del corpus e vengono condotte interviste mirate agli scrittori. L’autrice traccia quindi un profilo del blogger in Egitto, che è nella gran parte dei casi giovane, proveniente dalla classe media, con un alto livello di istruzione e una buona conoscenza delle lingue straniere. Successivamente, si sofferma sulla questione del nome degli autori, che alcuni scelgono di rivelare, mentre altri adottano uno pseudonimo. Anche i titoli, parti fondamentali del paratesto, danno numerose indicazioni sul testo stesso e, in generale, rivelano che il blog è concepito come una forma di «self-writing» [p. 79]. I giovani, infatti, usano la blogsfera come uno spazio senza censura dove esprimere la propria frustrazione, rabbia, paura, e in cui possono trovare il supporto di altri blogger e condividere con questi l’amore per la scrittura, all’interno di una comunità, quella online, percepita come più libera e inclusiva.

Secondo Pepe, i blog hanno dunque due caratteristiche principali: sono politici, anche se personali, nel senso che gli autori scrivono della propria vita per affrontare questioni politiche, come l’esclusione dei giovani, le discriminazioni di genere, ecc.; e, seppur personali, sono collettivi, nel senso che vengono usati per entrare in contatto con altri utenti, ricevere feedback e creare reti. Queste caratteristiche sono tipiche di quella che Deleuze e Guattari definiscono «minor literature»2, concetto ripreso e approfondito nel capitolo successivo.

Il terzo capitolo, dal titolo Mixed Arabic as a Subversive Literary Style [pp. 94-122], analizza, infatti, i blog da una prospettiva sociolinguistica, presentandoli come una pratica di letteratura minore, caratterizzata da una lingua originale e innovativa definita come «Mixed Arabic». Nei blog, infatti, gli autori tendono a utilizzare una varietà mista, che mescola elementi della fuṣḥà, della ʿāmmiyyah, dello slang e dell’inglese, talvolta unendo l’alfabeto arabo e quello latino. Pepe sostiene che il concetto di «minority» di Deleuze e Guattari permette di comprendere l’uso dell’arabo misto come lingua «deterritorialized» [p. 96], ovvero un nuovo stile sovversivo coniato da una giovane generazione di scrittori che si sente alienata rispetto alla lingua standard nazionale e marginalizzata nella società e per questo tenta di ribaltare le regole stabilite nel campo letterario, reinventando un proprio linguaggio. L’autrice evidenzia che la diffusione di media che sfuggono alla censura ha favorito questo mix di lingue3, che sovverte il canone secondo cui la buona letteratura deve essere necessariamente scritta in fuṣḥà. Pepe presenta numerosi esempi del Mixed Arabic tratti dai blog e li analizza approfonditamente, combinando teorie della sociolinguistica e dei literary studies, ma trascura in parte l’interessante campo di studi sull’ideologia della lingua e sul valore simbolico e identitario che le scelte linguistiche possono assumere4.

Nel quarto capitolo, When Writers Activate Readers [pp. 123-149], l’autrice si sofferma sulla natura interattiva degli autofictional blog, che coinvolgono attivamente il lettore nell’interpretazione e nella composizione stessa del testo. Gli scrittori si avvalgono anche di strategie narrative, come l’uso di uno pseudonimo, la tecnica del narratore autocosciente che si intromette nella narrazione mettendone in discussione l’autenticità, e le «ištiġālāt» (termine in dialetto egiziano per indicare le “bufale”) [p. 130] per spacciare come vere storie di fantasia, con l’intento di complicare la distinzione tra informazioni reali e fittizie e di attivare il lettore nel gioco interpretativo. Inoltre, Pepe aggiunge che i blog richiedono al lettore di scegliere un modo di leggere e dare significato al testo, anche per via della loro natura multimediale e della loro struttura aperta e non lineare. I blogger, infatti, combinando i loro testi con elementi di altri media, quali immagini, video, audio e link ad altre pagine, rendono le narrazioni online come dei database [p. 134]. I blog sono definiti, poi, come delle «ongoing narrations» [p. 136] in cui allo sviluppo della trama non contribuisce solo lo scrittore, ma anche gli stessi lettori che diventano dei «gatekeepers» [p. 140], ovvero una sorta di guardiani in grado di regolamentare ciò che viene pubblicato.

Dopo aver analizzato le caratteristiche innovative e l’aspetto estetico e stilistico dei blog, nel quinto capitolo dal titolo Bytes of Freedom: Fictionalised Bodies in the Egyptian Blogosphere [pp. 150-189], Pepe entra maggiormente nel merito dei contenuti della blogsfera egiziana. Si focalizza, in particolare, sulla rappresentazione del corpo e, attraverso questa, mostra come gli autori realizzino la doppia dimensione di realtà e finzione e negozino così la loro identità tra privato e pubblico, personale e politico, individualità e comunità. Scrivere il corpo implica affrontare tematiche tabù nella società, quali le molestie sessuali e la paura e l’isolamento che ne derivano, l’espressione dell’amore e del desiderio sessuale che si tenta attraverso il racconto di normalizzare, e anche le reazioni fisiche ai malesseri psicologici che mostrano quanto il corpo venga influenzato dal mondo esterno. Talvolta, i blogger si immaginano nel corpo di animali o come oggetti animati, a cui viene assegnato un ruolo attivo nella storia. Secondo Pepe, questo focus sul corpo denota una tendenza all’individualismo, inteso come una ricerca di un sé autentico, che si emancipa dalle imposizioni dei gruppi sociali e delle autorità tradizionali. In particolare, relativamente alle autorità nella società, l’autrice si concentra su tre temi ricorrenti nella blogsfera, ovvero la ribellione nei confronti della famiglia patriarcale, l’approccio intimo e personale alla religione e il rapporto coi grandi scrittori della storia egiziana, nei cui confronti vengono espresse critiche o ammirazione. Analizzando la rappresentazione del corpo nei blog, dunque, Pepe mostra come i blogger si riapproprino della loro individualità e trasformino il privato in politico, creando nella blogsfera uno spazio di resistenza verso il controllo sociale.

Nell’ultimo capitolo, Blogging a Revolution: From Utopia to Dystopia [pp. 190-214], l’autrice prende in esame i blog nella fase pre-, durante e post-Rivoluzione. In questo quadro, Pepe sottolinea che Piazza Taḥrīr ha occupato un posto speciale nei blog ben prima del 2011, come luogo mitologico in cui gli autori hanno proiettato fantasie e ambizioni rivoluzionarie. Questa utopia raggiunge il suo apice con l’inizio effettivo della Rivoluzione del 25 gennaio del 2011, descritta come una vittoria dell’immaginazione sulla realtà. Il sogno, tuttavia, è destinato presto a finire, con la dura repressione delle rivolte, che ha portato a una chiusura e privazione di tutti gli spazi, anche quello virtuale. Dopo il 2011, infatti, l’autrice sostiene che si assiste in Egitto a un declino dell’uso della blogsfera, che non ha però smesso completamente di esistere. Essa si è frammentata e ha cambiato forma, venendo sostituita per esempio dal microblogging sui social network. Se però il blog come mezzo di espressione si è evoluto in altro, l’estetica sviluppatasi nella blogsfera ha trovato una sua prosecuzione evidente soprattutto nel genere del romanzo distopico, che è proliferato nel periodo post-Primavere arabe. A dimostrazione di questo, vengono presi in analisi due romanzi distopici: Istiḫdām al-ḥayāh (L’uso della vita, 20145) di Aḥmad Nāǧī e Bāwlū (2016) di Yūsuf Raḫā.

Nelle conclusioni [pp. 215-220], Pepe riassume le tematiche salienti del volume, affermando che gli autofictional blog dovrebbero essere studiati sia come un genere letterario sia come una vera e propria rivolta sociale nel panorama egiziano [p. 217]. L’autrice, infine, getta le basi per ricerche future nel campo della letteratura digitale nel mondo arabo in quanto componente ormai cruciale della letteratura araba stessa e colloca i blog nel quadro più ampio delle forme artistiche emergenti, citando altri esempi quali il fumetto, i graffiti, la musica pop, che stanno portando il campo culturale arabo verso direzioni nuove e ancora poco esplorate.

Il volume presentato è il risultato di un lavoro di ricerca pluriennale condotto da Teresa Pepe e iniziato con il suo progetto dottorale, nel quale però l’analisi dei blog si fermava all’anno 20116. Attraverso questo studio, l’autrice è riuscita a colmare un’importante lacuna nella ricerca accademica sulla blogsfera, che veniva presa in considerazione unicamente da una prospettiva sociopolitica, lasciando dunque in secondo piano l’aspetto stilistico, contenutistico e prettamente letterario. Blogging from Egypt mira pertanto a restituire dignità letteraria ai contenuti di queste piattaforme che migliaia di blogger a partire dal 2008 hanno utilizzato come mezzo di espressione personale e critica sociale, sperimentando la possibilità di rimanere anonimi e l’interattività con gli altri utenti, e sviluppando forme estetiche nuove. Questo tipo di letteratura e forma artistica, che include anche i fumetti, le graphic novel o la street art, è considerato un prodotto culturale in grado di dare voce ai gruppi più marginalizzati nella società all’interno di uno spazio informale, di critica politica e sociale, di rottura dei tabù, di libera espressione e dunque di resistenza, questioni affrontate per esempio anche da Jacob Høigilt nella sua monografia a proposito del fumetto per adulti nel mondo arabo contemporaneo7. Il blog, infatti, può essere collocato fra le letterature cosiddette indipendenti che, sfuggendo al controllo dai regimi, eludono spesso la censura e sono quasi sempre estremamente politiche negli intenti. Oltre a essere sovversive nei contenuti, queste forme letterarie lo sono anche dal punto di vista stilistico e linguistico, poiché tendono a presentare la ʿāmmiyyah come varietà scritta e a mescolare frequentemente l’arabo standard, il dialetto, e spesso l’inglese, rivendicando attraverso la lingua un’identità nuova e marcando uno spazio altro rispetto ai media e alla cultura tradizionale da cui molti giovani non si sentono rappresentati. L’aspetto forse più interessante e originale di questo studio è, comunque, l’assetto teorico e metodologico interdisciplinare adottato dall’autrice, che combina in maniera organica il campo dei media studies, degli studi sulla letteratura digitale, dei literary studies più tradizionali, dell’antropologia e della sociolinguistica, oltre a unire la ricerca sul campo a un’attenta lettura e analisi dei testi e alle interviste ai numerosi blogger, che permettono al lettore di entrare in contatto diretto con le esperienze di molti giovani scrittori egiziani. Questo approccio misto risulta assai efficace per indagare a tutto tondo generi letterari considerati “emergenti” negli ultimi decenni, come i blog, che spesso faticano a trovare spazio e dignità come letteratura, ma che in realtà stanno cambiando considerevolmente il modo stesso di fare letteratura nel mondo arabo, e non solo.

Giulia Aiello


1In particolare, i sei blog presentati sono: Wassiʿ ḫayālak (Allarga la tua immaginazione) di Aḥmad Nāǧī, Mā badā lī (Ciò che mi sembrava) di ʿAmr ʿAzzat, Tanātīf Māʿat (Pezzetti di Māʿat) di Munà Sayf, Yawmīyyāt imrāʾah miṯliyyah (Diario di una donna lesbica) di “Emraamethlya” (pseudonimo), al-Kanabah al-ḥamrā (Il divano rosso) di Bilāl Ḥusnī, e Yawmīyyāt ʿānis (Diario di una zitella) di ʿAbīr Sulaymān.

2G. Deleuze; F. Guattari, What is Minor Literature, in “Mississippi Review”, 11, 3 (1983), pp. 13-33.

3Tesi sostenuta precedentemente anche da G. Mejdell, What is Happening to “Lughatunā l-gamīla”? Recent Media Representations and Social Practice in Egypt, in “Journal of Arabic and Islamic Studies”, 8 (2008), pp. 108-124, https://doi.org/10.5617/jais.4592.

4Yasir Suleiman, Arabic in the Fray. Language Ideology and Cultural Politics, Edinburgh University Press, Edinburgh 2013.

5Il romanzo è stato tradotto in italiano. Ahmed Nàgi, Vita: istruzioni per l’uso, con illustrazioni di Ayman Al Zarqani, a cura di E. Benini, traduzione di E. Rossi; F. Fischione, Editrice il Sirente, Fagnano Alto 2016.

6Come riportato dalla stessa autrice in un’intervista a Jadaliyya: Teresa Pepe, Blogging from Egypt: Digital Literature, 2005-2016 (New Texts Out Now), in Jadaliyya”, 4/06/2019, https://www.jadaliyya.com/Details/38629.

7J. Høigilt, Comics in Contemporary Arab Culture: Politics, Language and Resistance, I.B.Tauris, London/New York 2019.

This is an Article from La Rivista di Arablit - Anno XIII, numero 25, giugno 2023

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