R. Ashour, F.J. Ghazoul, H. Reda-Mekhdashi (edited by), Arab Women Writers. A Critical reference Guide 1873-1999, translated by M. McClure, The American University in Cairo Press, Cairo-New York 2008, pp. 526.
Con una dedica alla scrittrice e attivista egiziana Laṭīfah al-Zayyāt (1923-1996) si apre il volume Arab Women Writers. A Critical reference Guide 1873-1999, a cura di Radwa Ashour, Ferial J. Ghazoul e Hasna Reda-Mekhdashi. Versione inglese della precedente pubblicazione Ḏākirat li ’l-mustaqbal: mawsu‘at al-kātibah al-‘arabiyyah (Foundation for Research and Studies, Cairo, 2004), il testo presenta una dettagliata panoramica della produzione letteraria femminile nel mondo arabo nel XX secolo, dove contestualizzazioni geografiche, situazioni storico-politiche, movimenti intellettuali giocano tutti il loro ruolo nell’affermazione di una scrittura il cui valore ha ormai da tempo superato i confini del mondo arabo.
Nelle dichiarate intenzioni dei curatori, “lo scopo di questa guida di riferimento sulle scrittrici arabe nel XX secolo non è quello di esaltare le donne o i loro testi. È piuttosto quello di documentare un fenomeno e presentarlo ai lettori, permettendo loro di acquisire una migliore conoscenza di questa influente presenza culturale nelle società arabe. Forse potrebbe diventare uno specchio per le stesse scrittrici, che con esso acquisirebbero uno spazio di riflessione personale, poiché potrebbero così avere una panoramica dei loro sforzi, compiuti in poco più di cento anni” [p. 2].
Lo studio si offre ad una scansione in due macro-sezioni: la prima parte [pp. 13-307] è composta da una miscellanea di saggi sulla letteratura femminile, suddivisi secondo una mappatura geografica dettata da ragioni di completezza ed esaustività; la seconda [pp. 312-520] si presenta come una sorta di piccolo apparato enciclopedico in cui compaiono i nomi delle letterate citate nei vari contributi, con riferimenti bio-bibliografici che rendono la lettura particolarmente interessante.
Alcuni tra i nomi più prestigiosi della critica araba assicurano, a ciascun contributo, la pregnanza e l’obiettività delle informazioni presentate, da cui si evince lo sforzo di condensare in poche pagine un intero secolo di letteratura femminile, dedicando la dovuta attenzione tanto alla produzione narrativa – con riferimenti sia ai romanzi che ai racconti brevi – quanto a quella poetica. Ogni singolo saggio è accompagnato, inoltre, da una bibliografia finale, interessante punto di riferimento per chiunque desideri approfondire l’argomento.
Spetta alla penna della famosa studiosa libanese Yumnà al-‘Īd presentare il primo paese con cui si apre il volume: il Libano. Dopo una breve introduzione volta a recuperare l’eredità della produzione femminile libanese, l’autrice si concentra inizialmente sulle evoluzioni del romanzo. Concentrandosi sulle prime sperimentazioni, al-‘Īd traccia un percorso delle opere più significative, a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, fino alle più recenti evoluzioni senza dimenticare il puntuale riferimento ad eventi storici, quali la guerra civile, che hanno inevitabilmente influenzato la produzione delle scrittrici libanesi. Un uguale schema accompagna la descrizione dei cambiamenti avvenuti nel racconto breve come anche nella poesia, le cui pubblicazioni hanno registrato un incremento soprattutto negli anni Ottanta-Novanta, con un’esplosione che per al-‘Īd sarebbe attribuibile “[…] alle conquiste ottenute dalle donne nelle decadi precedenti in materia di istruzione, cultura e presenza sociale, nonché ad una accresciuta motivazione all’espressione richiesta dalla guerra civile libanese” [pp. 47-48]. Versi della poetessa Inṣāf al-A‘war Mi‘ḍād o di Nadà al-Ḥāğğ, solo per citare alcuni nomi, accompagnano la stesura di questo saggio sulla scrittura femminile in Libano.
Una panoramica sulla letteratura femminile in Siria è invece firmata a due mani dai critici siriani Ṣubḥī Ḥadīdī e Imān al-Qāḍī: al primo spetta il compito di tratteggiare le dinamiche che sottendono la produzione poetica e le evoluzioni riguardanti il racconto breve; alla seconda è invece affidata la descrizione delle evoluzioni che hanno caratterizzato la storia del romanzo, con una suddivisione tra scrittrici della prima generazione, quali, ad esempio, Ğūrğītt Ḥannūš e Kūlītt Ḫūrī, e quelle della seconda, affermatesi a ridosso degli anni Cinquanta-Sessanta. Di particolare interesse, per quanto riguarda questa ultima generazione, è la ricostruzione effettuata da al-Qāḍī mediante l’individuazione di motivi e immagini femminili ricorrenti nella novellistica. Naturale, per al-Qāḍī, diventa dunque il riferimento ad una delle scrittrici che è stata un modello per la narrativa siriana e si è resa protagonista della nuova generazione di letterate, vale a dire Ġādah al-Sammān.
All’Egitto è dedicato un ricco e documentato saggio di Hudà al-Ṣaddah, cui spetta il delicato compito di fornire una carrellata sulla produzione femminile all’interno di un paese che ha da sempre svolto un ruolo centrale nelle dinamiche storico-politiche e specificatamente letterarie che hanno animato le vicende del mondo arabo nel secolo scorso. In un movimento letterario così vasto e denso di spinte al rinnovamento, l’autrice sceglie di non operare distinzioni tra generi letterari, ma di far risalire le sue scansioni a precisi momenti storici che hanno caratterizzato il percorso dell’Egitto a partire dalla Rinascita (Nahḍah) fino alla fine del secolo scorso. Ecco dunque al-Ṣaddah procedere lungo un percorso cronologico, con la prima tappa saliente fissata nel 1914 – data in cui l’Egitto divenne un protettorato britannico ed ebbe inizio la Prima Guerra Mondiale – caratterizzata dall’ascesa di nazionalismo, e da tematiche che spaziano dalle contingenze storiche alle correnti letterarie del romanticismo. Secondo turning point, poi, è il 1946, segnato dal sorgere dei movimenti studenteschi, quando la vena romantica divenne “un’espressione della ribellione e della rivolta contro ogni tipo di autorità rappresentate dalle varie istituzioni” [p. 117]. Seguono il 1967 e il 1976, rispettivamente la sconfitta, nota nel mondo arabo come al-Naksah, e l’inizio del tracollo della classe media, dovuto all’emergere del neo-capitalismo. In quest’ultima tappa, in particolare, al-Ṣaddah sottolinea una nuova tendenza riscontrabile nella letteratura femminile egiziana: il gusto per la storia e per la letteratura, per gli eventi pubblici e privati, con una catalizzazione sulla sfera del singolo e ordinario cittadino. La studiosa individua quindi le correnti che hanno caratterizzato la fine del secolo, con riferimenti opportuni anche alla poesia e alla drammaturgia.
Particolarmente interessanti risultano inoltre le analisi riguardanti paesi come il Sudan e quelli della Penisola Arabica e del Golfo. Tanto il sudanese Ḥaydar Ibrāhīm quanto la saudita Su‘ād al-Māna‘ affrontano poi questioni politiche, sociali e culturali, connesse ad una produzione letteraria molto spesso relegata ai margini della letteratura araba. Ibrāhīm non può fare a meno di dare risalto alla doppia marginalizzazione di cui sono vittime le scrittrici nel Sudan: il fatto di essere cittadine di un paese in via di sviluppo e, ancora una volta, la loro condizione di donne all’interno di una società dominata da un preoccupante maschilismo. Il critico si concentra soprattutto sulla nascita e le evoluzioni del racconto breve, riconoscendo le maggiori rappresentanti in Malikah al-Dār Muḥammad ‘Abd Allāh e Buṯaynah Ḫidr Makkī. Quanto al saggio incentrato sulla Penisola Arabica e sul Golfo, al-Māna‘ decide di procedere attraverso una prima suddivisione geografica che ingloba, al suo interno, una seconda segmentazione di tipo letterario, soffermandosi sui progressi riguardanti ogni singolo genere.
Inscindibili, geograficamente, storicamente e culturalmente, risultano poi, nell’ottica di Raḍwà ‘Āšūr, gli sviluppi della scrittura femminile in Palestina e Giordania: la scrittrice egiziana ripercorre le tappe salienti della produzione femminile in questi due Paesi, riportando citazioni e riferimenti tratti dai più autorevoli studi in materia. Degno di attenzione è, in questo ambito, il raffronto che ‘Āšūr opera tra due autrici, la palestinese Mayy Ṣāġiyah e la giordana Fatḥiyah Sa‘ūdī, entrambe testimoni oculari dell’invasione israeliana del Libano nel 1982, della quale offrono una personalissima e interessante testimonianza resa in una prosa dall’alto valore espressivo.
Lo Yemen visto da Ḥātim al-Ṣakir, il Nord Africa raccontato da Muḥammad Barrādah, e l’Iraq filtrato attraverso lo sguardo di Firyāl Ġazūl, vanno a completare questa panoramica sulla produzione femminile araba del secolo scorso, affrontando tematiche sociali, questioni culturali e innovazioni letterarie firmate da scrittrici affermate e meno affermate, ma tutte animatrici di generazioni culturali che hanno visto proprio nella letteratura il privilegiato strumento di espressione artistica. Le curatrici dell’opera sottolineano infatti come “il lettore noterà nei saggi sulla letteratura di ogni paese, o insieme di paesi, che il contesto storico e sociale che scuote l’esperienza delle donne le ha gradualmente allontanate da una scrittura cauta, diretta e sentimentale per condurle a testi più complessi che esprimono un desiderio di catturare l’esperienza femminile. Si tratta di un tipo di scrittura che consente di sollevare questioni politiche e sociali e può essere sia rivelatrice che reticente. In entrambi i casi, c’è uno spazio per l’immaginazione, la sperimentazione, il gioco artistico e un suono di voci assenti dal discorso dominante” [p. 9].
Il testo si conclude infine con un’ampia bio-bibliografia sulle singole autrici, che rende completo e ben documentato questo studio sulla scrittura femminile nel mondo arabo. Questo libro può essere quindi considerato una vera e propria pietra miliare per chi voglia conoscere correttamente la produzione letteraria delle scrittrici arabe, spesso filtrata in Occidente solo attraverso i soliti e reiterati stereotipi che ne hanno oscurato il valore artistico.
Ada Barbaro