Yulia Petrova, Ioana Feodorov (eds.), Europe in Arabic Sources: “The Travels of Macarius, Patriarch of Antioch”, A. Krymsky Institute of Oriental Studies of the Nasu, Kyiv 2016, pp. 243.

Collocabile nel vasto ambito degli studi relativi alle comunità arabo-cristiane, il volume in oggetto è curato da Yulia Petrova, ricercatrice dell’Accademia Nazionale delle Scienze di Kiev, e da Ioana Feodorov, ricercatrice dell’Accademia Rumena di Bucarest, e raccoglie sedici contributi che sono frutto del convegno internazionale In the Eyes of the Orient: Europe in Arabic Sources (Kiev, 22-23 settembre 2015).
Sin dal titolo stesso del volume si evince che la fonte centrale, ovvero l’obiettivo finale della maggioranza delle ricerche che compongono questa silloge, è costituita dal racconto del viaggio in Europa orientale effettuato da Macario III Ibn al-Zaʿīm, Patriarca d’Antiochia e di tutto l’Oriente, in carica dal 1647 al 1672. Il racconto di viaggio di Macario III è stato redatto da suo figlio, l’Arcidiacono Paolo di Aleppo (1627-1699), personaggio che Hilary Kilpatrick[1] non ha esitato a definire un «intellectual explorer», che ne racconta le esperienze vissute lungo un percorso iniziato a Costantinopoli, proseguito attraverso Valacchia, Moldavia e Ucraina, e terminato infine a Mosca.
Accanto a questo interesse precipuo per la figura del prelato d’Antiochia, alcuni contributi contenuti nel volume si dedicano anche a questioni di respiro più ampio, come le relazioni fra cristiani d’Oriente ed Europa e la storia di quegli esponenti dell’orientalistica russa e ucraina che si sono occupati di studi arabo-cristiani.
Dopo un Foreword [pp. 5-7] delle curatrici, il volume si articola nelle tre sezioni principali che passeremo di seguito in rassegna. La prima sezione è intitolata «Paul of Aleppo’s Travel Journal» ed è costituita da sei contributi.
Il primo contributo è di Yulia Petrova: “The Travels of Macarius”: Relationship between the Manuscript Versions [pp. 11-32]. Come già anticipato, il racconto di viaggio di Macario è stato redatto da Paolo d’Aleppo e il testo, oltre a costituirsi come una importante fonte storiografica del XVII secolo, può essere considerato un caposaldo della letteratura arabo-cristiana. Yulia Petrova getta luce su analogie e differenze fra i quattro manoscritti esistenti della relazione di viaggio, ovvero quello di Parigi, Londra, San Pietroburgo e Kiev, che vengono attualmente studiati da una équipe di ricerca internazionale sotto la supervisione della collega Ioana Feodorov.
Il secondo contributo è di Ioana Feodorov: Information on the Romanian Rulers and their Foundations in Paul of Aleppo’s “Journal”: How Useful is it for Historical Research? [pp. 33-56]. Moldavia, Valacchia e Transilvania sono solo alcune delle regioni toccate dall’itinerario di viaggio di Macario e Ioana Feodorov analizza i dati storici relativi ad alcuni monumenti cristiani rumeni ricordati nel racconto di viaggio di Paolo d’Aleppo inquadrandoli rispetto a quanto è possibile evincere dalla letteratura scientifica contemporanea.
Il terzo contributo è di Olena Mazepova: The Persian Letter from “The Travels of Macarius” [pp. 57-66]. Redatto in arabo, il racconto di viaggio di Paolo d’Aleppo contiene una lettera persiana che sembrerebbe essere stata consegnata ai viaggiatori una volta giunti a Mosca e proveniente direttamente dallo Shah di Persia. Lo zar Alexey Mikhailovich avrebbe chiesto a Macario una traduzione del testo, e l’analisi di tale lettera, contenente «misspelled or distorted Persian words» e con «parts of the text completely unreadable», è l’oggetto del grande impegno filologico di Olena Mazepova.
Il quarto contributo è di Nataliia Sinkevych: Religious Cults in Early Modern Ukrainian Society in the “Journal” of Paul of Aleppo [pp. 67-76]. I culti religiosi sono indubbiamente un elemento importante nelle pratiche di autorappresentazione di una società premoderna e ciò si fa ancor più centrale in periodi storici complessi, come quando nel XVII secolo la Chiesa ortodossa di Kiev si trova ad affrontare le sfide duplici del cattolicesimo e degli ortodossi russi. Nataliia Sinkevych ci fornisce un quadro di come il viaggio di Macario sia stato in grado di testimoniare il dibattito religioso di quell’epoca.
Il quinto contributo è di Mihai Ţipău: Le vocabulaire grec du “Récit de voyage” de Paul d’Alep [pp. 77-83]. Il testo dei viaggi di Macario abbonda di lessico greco e Mihai Ţipău ce ne fornisce diverse analisi che ci informano non solo del trattamento arabo del lessico d’origine greca, ma anche del fatto che i prelati di Antiochia, una volta giunti in Valacchia e Moldavia, si esprimevano essenzialmente in greco, una comunicazione resa possibile da una forte penetrazione del clero greco(fono) a nord del Danubio iniziata già a partire dal XVI secolo.
Il sesto contributo è di Andreea Dunaeva: Ot perevoda k istoriko-filologičeskim kommentarijam: primečanija G.A. Murkosa k tekstu “Putešestviya Antiokhijskogo patriarkha Makarija” [Dalla traduzione ai commenti storici e filologici: le note di G.A. Murkos al testo “I viaggi di Macario, Patriarca d’Antiochia”] [pp. 84-92]. La figura di George Murkos (1846-1911), siriano ortodosso con una formazione ricevuta a Costantinopoli e poi a San Pietroburgo, professore presso l’Istituto Lazarev di Lingue Orientali di Mosca, viene ripercorsa in relazione al suo lavoro di traduttore dall’arabo al russo dei Viaggi di Macario.
La seconda sezione è intitolata «Relations of Christian Arabs with European Peoples» e consta di cinque contributi.
Il primo contributo è di Paul Fahmé-Thiéry: Writing and Building Self-awareness: Access to Modernity through Bûlus al-Zaïm and Hanna Dyâb’s Travelogues [pp. 95-107]. Si sottolineerà innanzi tutto che l’autore di questo contributo ha già pubblicato nel 2015, insieme a Bernard Heyberger e Jérôme Lentin, la traduzione francese del viaggio di Ḥannà Diyāb basata sul manoscritto (Ms. Sbath 254) conservato in Vaticano[2]. Ma in questa sede Paul Fahmé-Thiéry propone una originale lettura dei resoconti di viaggio che riflette su come l’Altro, inteso come l’insieme dei popoli incontrati durante il viaggio, sia stato avvertito rispetto al sé, mostrando così intensamente quanto identità e alterità giochino un ruolo sottile nella narrazione del vissuto del viaggiatore.
Il secondo contributo è di Yuriy Kochubey: Pour une histoire des contacts entre l’Orient Orthodoxe et l’Ukraine [pp. 108-116]. In poche pagine, l’autore fornisce un quadro chiaro e relativamente dettagliato delle fonti e degli studi ad esse relativi, utili a inquadrare i rapporti tra la Cristianità orientale e il proprio paese, corredando l’articolo di riferimenti bibliografici che il lettore non specializzato in questo settore apprezzerà indubbiamente.
Il terzo contributo è di Charbel Nassif: La révision liturgique du métropolite melkite d’Alep Malâtyûs Karma et les réformes liturgiques dans les pays d’Europe de l’Est au XVIIe siècle [pp. 117-134]. Le chiese autocefale d’Oriente, di rito bizantino, per via della loro stessa autonomia hanno favorito nel tempo la «création de plusieurs familles liturgiques» e Charbel Nassif offre al lettore uno studio sulla revisione liturgica proposta da Malātyūs Karma (m. 1635), metropolita melkita di Aleppo, nel XVII secolo.
Il quarto contributo è di Ovidiu Olar: The Travels of Makāriyūs Ibn al-Za‘īm across Moldavia and Wallachia (1653-1654; 1656-1658): Documents from Romanian Repositories [pp. 135-159]. Le regioni europee evocate nel titolo dello studio di Ovidiu Olar, pur oggetto di numerose visite da parte di altri patriarchi d’Antiochia precedenti e successivi a Macario, sembrano non essere entrate nel vivo del dibattito scientifico sviluppatosi intorno all’odeporica arabo-cristiana relativa all’Europa dell’Est. In questa sede, diverse fonti storiografiche e odeporiche sono messe al vaglio al fine di colmare questa lacuna.
Il quinto contributo è di Vera Tchentsova: Portret Antiokhijskogo patriarkha Makarija III Ibn az-Zaʿīma v “Tituljarnike” 1672 g. [Il ritratto del Patriarca d’Antiochia Macario III Ibn al-Za‘īm nel “Titulyarnik” del 1672] [pp. 160-174]. Il Titulyarnik (Libro dei titoli) è un manoscritto illustrato contenente, fra l’altro, i ritratti di personalità russe e internazionali, che è stato prodotto a Mosca nel 1672 dal Prikaz degli ambasciatori. Sebbene il ritratto di Macario in esso contenuto sia stato prodotto non molto tempo dopo la sua visita a Mosca (1666-1668), Vera Tchentsova ci presenta uno studio per il quale tale ritratto sarebbe basato su una fonte secondaria, ovvero un ritratto del Patriarca greco di Alessandria Metrophanes Krisopoulos che ha funto esclusivamente da modello ispiratore.
La terza sezione è intitolata «Ukrainian Scholars’s Contributions to the Study of Arabic Sources on European History» ed è composta da cinque contributi.
Il primo contributo è di Denys Shestopalets: Omeljan Pritsak’s Contribution to the Study of the Arabic Sources on Eastern Europe in Volume III of “The Origins of Rus” [pp. 177-184]. Formatosi all’Università di Leopoli studiando arabo, persiano e turco, sotto l’egida del suo maestro polacco Tadeusz Lewicki (1906-1992), celebre studioso di Ibāḍismo e geografia araba medievale, Omeljan Pritsak (1919-2006), durante una carriera che lo ha portato fino all’insegnamento a Harvard, si è dedicato a più riprese allo studio delle fonti orientali utili alla ricostruzione della Rus’ di Kiev.
Il secondo contributo è di Oleg Bubenok: Dannye arabskikh istočnikov ob obstojatel’stvakh iudaizacii khazar v interpretacii A.E. Krymskogo [I dati delle fonti arabe sulle circostanze della giudaizzazione dei Cazari nell’interpretazione di A. Krymsky] [pp. 185-193]. Nel 2009, presso gli archivi della Biblioteca Nazionale Ucraina “V. Vernadsky”, viene rinvenuta una parte consistente della monografia mai pubblicata dell’orientalista ucraino Ahatanhel Krymsky intitolata La storia dei Cazari. Scritta nel 1930, l’opera riporta le analisi di Krymsky sulla vicenda della giudeizzazione dell’élite cazara, uno studio che si appoggia a dati rinvenibili in diverse fonti arabe databili al IX-X secolo (Ibn Khordāḏbeh, Ibn al-Faqīh, al-Ǧāḥiẓ) ma anche posteriori (al-Bakrī e al-Masʿūdī).
Il terzo contributo è di Tatyana Kalinina: V.M. Bejlis i Kitāb al-tanbīh wa ’l-išrāf al-Masʿūdī [W. Beilis e il Kitāb al-tanbīh wa ’l-išrāf di al-Masʿūdī] [pp. 194-209]. Wolf Beilis (1923-2001) è stato un celebre storico e orientalista ucraino e Tatyana Kalinina ne ha raccolto l’eredità continuando lo studio del Kitāb al-tanbīh wa ’l-išrāf di al-Masʿūdī che il suo maestro ha lasciato incompiuto, nel quadro di un progetto di radiografia dell’opera di Beilis iniziato recentemente sotto la guida di Constantin Zuckerman. L’autrice dello studio in questione sottolinea come Beilis avesse mirabilmente indagato i differenti generi padroneggiati da al-Masʿūdī che, accanto alla storia (ta’rīḫ), si situano nelle tipologie di siyar, maġāzī, adab, ansāb, aḫbār e ‘aǧā’ib.
Il quarto contributo è di Valeriy Rybalkin: Jarema Polotnjuk i ego vklad v izučenie “Putešestvija patriarkha Makarija” [Yarema Polotniuk e il suo contributo allo studio dei “Viaggi di Macario”] [pp. 210-228]. Poco conosciuto al di fuori dell’Europa orientale, Yarema Polotniuk è stato un arabista e iranista dagli interessi poliedrici, nonché ideatore e animatore del Dipartimento di Studi Orientali dell’Università di Leopoli. Sulla scia degli studi compiuti in Russia, si interessa dei viaggi di Macario e lavora sui due manoscritti del racconto redatto da Paolo d’Aleppo conservati a Londra e a San Pietroburgo. In proposito, si osserverà che la conclusione di Polotniuk secondo cui il manoscritto di Londra fosse il più fedele va riconsiderata completamente proprio in base a quanto esposto da Yulia Petrova [pp. 12-13] nel suo contributo contenuto nella presente silloge.
Il quinto contributo è di Oksana Vasylyuk: Neizvestnaja rabota Andreja Kovalevskogo “Baškiry v X veke po dannym Ibn Fadlana” [Il lavoro sconosciuto “I Bashkiri nel X secolo secondo Ibn Faḍlān” di Andrey Kovalevsky] [pp. 229-239]. L’orientalista ucraino Andrey Kovalevsky (1895-1969) ha studiato a San Pietroburgo alcuni manoscritti arabi relativi all’Europa orientale. Fra questi spicca una riproduzione del manoscritto di Mashhad della Risālah di Ibn Faḍlān sul suo viaggio nella Russia meridionale. Oksana Vasylyuk ripercorre come le sfortunate vicissitudini personali di Kovalevsky, inquadrabili nel clima di ostilità che gli intellettuali affrontavano nell’Unione Sovietica degli anni Trenta, si siano indissolubilmente intrecciate con il suo studio filologico della Risālah.
Conclude il volume la sezione finale intitolata «The Authors» [pp. 240-243], contenente notizie biobibliografiche degli autori dei sedici contributi.

Giuliano Mion

[1]H. Kilpatrick, Journeying towards Modernity. The Safrat al-Baṭrak Makâriyûs of Bûlus ibn al-Za‘îm al-Ḥalabî, in “Die Welt des Islams”, 37, 1997, pp. 156-177.

[2]Hanna Dyâb, D’Alep à Paris. Les péregrinations d’un jeune Syrien au temps de Louis XIV, trad. de Paul Fahmé-Thiéry, Bernard Heyberger, Jérôme Lentin, Actes Sud/Sindbad, Arles/Paris 2015.

This is an Article from La Rivista di Arablit - Anno VII, numero 13, giugno 2017

Acquista Back to Anno VII, numero 13, giugno 2017

L’Autore

Giuliano Mion |