Sulaymān al-Šaṭṭī, al-Ramz wa ’l-ramziyyah fī adab Naǧīb Maḥfūẓ (Il simbolo e il simbolismo nella letteratura di Naǧīb Maḥfūẓ), al-Hay’ah al-miṣriyyah al-‘āmmah li ’l-kitāb, al-Qāhirah 2004, pp. 432.

Probabilmente, quando si pensa a Naǧīb Maḥfūẓ, a chiunque viene in mente la cosiddetta “Trilogia del Cairo”, che valse allo scrittore egiziano il prestigioso premio Nobel per la letteratura nel 1988. Opera di stampo realista, certamente, ma che corrisponde solo ad uno dei vari stili letterari di cui Naǧīb Maḥfūẓ si è servito, alla stessa maniera in cui un abile musicista è in grado di declinare il suo talento servendosi dei più disparati strumenti musicali. Si potrebbe dire che Naǧīb Maḥfūẓ sia stato uno scrittore realista, e sarebbe corretto. Si potrebbe dire che Naǧīb Maḥfūẓ sia stato autore del fantastico, e si avrebbe comunque ragione, e ancora si potrebbe dire che si sia cimentato nell’assurdo, nel surreale, e poi ancora in testi più introspettivi come Aṣdā’ al-sīrah al-ḏātiyyah e Aḥlām fatrat al-naqāhah. Indipendentemente dallo stile, Maḥfūẓ ha saputo infondere grande significato a tutti i suoi romanzi e racconti brevi, trasformando i personaggi, i luoghi e la storia stessa del suo amato Cairo in simboli capaci di parlare al mondo intero.

Ben venga dunque un saggio critico sulla produzione letteraria di Maḥfūẓ che fin dal titolo si pone come uno strumento per interpretare la ricca simbologia che attraversa tutte le sue storie.

L’introduzione al volume si apre con una considerazione di tipo metodologico: sebbene il termine “simbolismo” sia stato creato in Europa dal greco Jean Moréas nel 1886, per poi andare a definire in maniera specifica la poetica di scrittori come Baudelaire o Ezra Pound, nel tempo esso ha assunto connotazioni più ampie, legate all’idea del “simbolo”. L’autore fa notare come l’uso di simboli nelle arti e nelle lettere sia ben più antico della definizione coniata dal critico greco, poiché è connesso ad un principio di astrazione, su cui opera, in tutto o in parte, qualsiasi  lavoro artistico. Dunque, secondo al-Šaṭṭī, parlare  di simbolismo in  Naǧīb Maḥfūẓ, significa compiere una ricerca del senso astratto nascosto all’interno di ogni sua creazione.

Sul piano dei contenuti, l’autore intende andare alla ricerca del significato recondito dei simboli usati dal letterato egiziano già a partire dalla fase storica e da quella realista, nelle quali è possibile cogliere dei significati profondi che accompagnano la storia di superficie. «All’incirca ogni romanzo sociale tenta di raccontare la storia del popolo egiziano nel periodo tra le due guerre mondiali e durante la seconda. In seguito, l’afflato storico rimane fino all’ultima fase, in cui l’autore si occupa di questioni più personali» [p. 58].

Nei primi lavori dello scrittore, infatti, esiste un rapporto tra simbolo e situazioni reali. Talvolta esso può apparire oscuro, perché come scrive l’autore, questo rapporto «è legato alla realtà in cui vive l’artista, specialmente quando questi si preoccupa di veicolare un messaggio preciso o tenta di sfuggire al controllo da parte del potere». [p.10]

al-Šaṭṭī descrive come, sempre attraverso l’uso di simboli, Naǧīb Maḥfūẓ esprima riflessioni filosofiche profonde. Pur non ritenendosi un filosofo, lo scrittore egiziano si è sempre interessato alla metafisica. Egli era solito dire che la filosofia è un atteggiamento naturale dell’essere umano, ossia «l’atteggiamento che assume la persona rispetto agli altri, alla vita e all’esistenza, e in tal senso non esiste nessuno che non abbia la sua filosofia.» [p. 13] L’autore riporta anche le parole di Maḥfūẓ quando gli chiesero se attraverso i suoi libri, egli volesse trasmettere una particolare visione del mondo, e se in essi fosse presente una particolare tendenza filosofica, questi rispose:

Trovo più probabile che, alla fine, tutti i libri che ho scritto andranno a costituire una qualche forma di filosofia formatasi passo dopo passo sulle basi dell’esperienza e della cultura, ed è probabile che non ci sarà un’ultima parola. Forse non arriveremo mai all’ultima parola. Come la maggior parte degli scrittori, io trovo interesse nel mio paese, nel locale e nel lato umano, e mi interessa l’aspetto sociale. Esiste un’inclinazione verso la metafisica e un tentativo di compromesso tra significato assoluto e valori sociali. [p. 13]

Quindi l’autore rileva come alcune riflessioni filosofiche, che inizialmente non sembrano comparire nell’opera di Maḥfūẓ, informino, in realtà, già la sua prima produzione, per emergere come tematiche centrali dei suoi scritti soltanto nel periodo della maturità. Il confine tra letteratura e speculazione metafisica appare dunque sottile, scrive al-Šaṭṭī: «che filosofia e letteratura siano strettamente collegate è un dato di fatto, giacché entrambe si occupano di rappresentare l’umanità sotto vari punti di vista.» [p. 14] Ne deduciamo quindi che è possibile andare alla ricerca di un valore filosofico anche all’interno delle opere di narrativa, infatti, passando ad una trattazione più approfondita della produzione di Maḥfūẓ, l’autore coglie una sorta di dicotomia tra due grandi temi principali: quella che si potrebbe definire la “questione sociale”, più legata ad una concezione materialistica dell’esistenza e che vede l’uomo come prodotto del suo ambiente, e quello che si potrebbe chiamare il “problema metafisico”, ossia la modalità attraverso cui l’individuo trova il senso del proprio agire. La questione sociale ha occupato tutta la fase storica e sociale della sua carriera di scrittore, mentre il problema metafisico, pur avendo una grande importanza in tutti i suoi romanzi, è venuto alla luce in maniera più chiara a partire da Awlād ḥāratinā.

al-Šaṭṭī prosegue sostenendo che questa dicotomia è riconducibile a due simboli fondamentali, il cielo e la terra, o, in maniera più esplicita, al contrasto tra scienza e fede. A livello sociale, questa opposizione si rispecchia nel dilemma della scelta tra libertà e uguaglianza, sottolineando come in Maḥfūẓ questo conflitto si trasferisca sul piano politico nello scontro tra il sistema liberale e quello socialista. Laddove, nella visione dello scrittore, il sistema liberale accorda all’uomo una grande libertà, abbandonandolo però a se stesso, il sistema socialista garantisce l’uguaglianza, al costo di una limitazione della libertà individuale.

Seguendo sempre lo stesso principio di opposizione, secondo al-Šaṭṭī è possibile rilevare nelle opere di Maḥfūẓ un altro contrasto: quello tra il principio maschile e femminile, dove il maschile rappresenta la spinta verso il cielo e il mondo delle idee, mentre il femminile è legato alla terra, alla casa, alla famiglia e alla società.

L’idea stessa della morte non sfugge a questa duplice possibilità dell’esistenza, cosicché in alcuni romanzi essa assume un significato politico, come in Zuqāq al-Midaqq, mentre, nelle opere più tarde, diventa un evento maggiormente intimo, legato alla sfera privata della persona e in grado di sconvolgerne il mondo interiore. Comunque la si guardi, tuttavia, la morte costituisce sempre un mistero e un limite. Quale valore, dunque, assegnava Naǧīb Maḥfūẓ all’ora del trapasso? L’autore del saggio cita le parole del grande scrittore, quando diceva: «la domanda su quello che ci aspetta dopo la morte inizia dalla ricerca di se stessi e la domanda in sé è quello che spinge l’uomo a compiere i primi passi verso l’aldilà.» [p. 23]

Sul piano formale il saggio è suddiviso in due parti principali: la prima, intitolata “al-Ramz” (Il simbolo), si articola nelle analisi delle opere storiche e sociali dell’autore, dal romanzo ‘Abaṯ al-aqdār fino ad al-Sukkariyyah. In questa prima sezione compaiono tre capitoli suddivisi a loro volta in sezioni più piccole in cui l’autore esamina nel dettaglio alcuni romanzi.

Il primo capitolo si intitola “al-Ramz fī iṭār al-ta’rīḫ” (Il simbolo nella cornice storica), in cui vengono trattati i racconti degli esordi, il già citato romanzo ‘Abaṯ al-aqdār, Rādūbīs e Kifāḥ Ṭībah.

Il secondo capitolo, “al-Ramz wa ’l-qaḍiyyah al-iǧtimā‘iyyah – qaḍiyyat al-fard fī ’l-muǧtama‘ al-ǧadīd” (Il simbolo e la questione sociale – La questione dell’individuo nella nuova società) tratta nel dettaglio i romanzi al-Qāhirah al-Ǧadīdah, Ḫān al-Ḫalīlī e Bidāyah wa nihāyah.

Il terzo capitolo, che porta il titolo “al-Ramz wa ’l-qaḍiyyah al-iǧtimā‘iyyah – qaḍiyyat al-muǧtama‘ fī muǧtama‘ al-ǧadīd” (Il simbolo e la questione sociale – la questione della società nella nuova società), affronta il simbolo nel romanzo Zuqāq al-Midaqq e nelle tre opere che compongono la “Trilogia del Cairo”.

La seconda parte del saggio invece, si intitola “al-Ramziyyah” (Il simbolismo), anche questa è suddivisa in capitoli al cui interno sono esaminate in dettaglio alcune opere a cui corrispondono altrettanti sottocapitoli.

Nel primo di essi, dal titolo “Awlād ḥāratina.. al-insān wa mu‘ānāt al-ḥayāt” (Il rione dei ragazzi. L’uomo e la difficoltà del vivere) l’autore si concentra sui romanzi Awlād ḥāratina, al-Ṭarīq e al-Šaḥḥāḏ.

Il terzo capitolo, “al-Fard fī muwāǧahah al-muǧtama‘” (L’individuo di fronte alla società), esplora in maniera dettagliata la ricca simbologia e la dimensione introspettiva del romanzo al-Liṣṣ wa ’l-kilāb mentre il quarto capitolo, “al-Muǧtama‘ fī masīrat al-baḥṯ” (La società sulla via della ricerca), è dedicato all’analisi delle due opere Ṯarṯarah fawqa al-Nīl e Mīrāmār.

Il quinto e ultimo capitolo è invece uno studio incentrato sulle due raccolte di racconti Taḥta ’l-miẓallah e Ḫammārat al-qiṭṭ al-aswad.

Dall’organizzazione del testo è possibile indovinare che l’analisi si dipana in ordine cronologico, dagli esordi fino alle ultime opere di Naǧīb Maḥfūẓ, concentrandosi sugli scritti che l’autore di questo saggio ha ritenuto più rappresentativi delle fasi creative dello scrittore, oppure quelli che, come nel caso di al-Liṣṣ wa ’l-kilāb, costituiscono quasi dei trait d’union tra i diversi stili e le varie tematiche scelti da Naǧīb Maḥfūẓ.

Nell’ultimo capitolo, tuttavia, quello dedicato alle raccolte di racconti brevi Taḥta ’l-miẓallah e Ḫammārat al-qiṭṭ al-aswad, al-Šaṭṭī sembra limitare la sua analisi ad una lettura del senso generale delle storie che, attraverso il loro carattere assurdo e surreale, veicolano temi di attualità storica e sociale relativi all’Egitto degli anni Sessanta. I racconti però, sono disseminati di simboli astratti la cui comprensione lascia ampio spazio alla speculazione e all’interpretazione personale del lettore. In tal senso, viste le intenzioni del saggio, si sente la mancanza di una disamina più particolareggiata di quei simboli in un certo modo “oscuri” e che tuttavia fanno vibrare di vita e significato le pagine di quelle storie.

Questo saggio costituisce, in ogni caso, una preziosa riserva di studi e riflessioni sulla dimensione astratta e simbolica delle opere di Naǧīb Maḥfūẓ, soprattutto per quanto riguarda tutta la sua produzione letteraria fino al periodo “dell’assurdo”, tale da porsi come un testo di riferimento e una guida alla comprensione di uno dei “grandi” della letteratura mondiale.

Edoardo Barzaghi

This is an Article from La Rivista di Arablit - Anno II, numero 3, giugno 2012

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Edoardo Barzaghi |