Sirkku Aaltonen, Areeg Ibrahim (eds.), Rewriting Narratives in Egyptian Theatre: Translation, Performance, Politics, Routledge, New York and Abingdon 2016, pp. 288.

Il volume Rewriting Narratives in Egyptian Theatre: Translation, Performance, Politics intende studiare il fenomeno della riscrittura nel teatro egiziano moderno e contemporaneo attraverso tredici articoli di accademici, professionisti del teatro e critici. Nell’Introduzione, le curatrici spiegano che il concetto di “riscrittura” nel loro lavoro indica «a metamorphosis, a profound change, such as takes place in its near synonyms such as translation, transformation, and reconstruction» [p. 1]. I tredici articoli sono ripartiti in quattro sezioni, ognuna incentrata su un tipo diverso di riscrittura riguardante cambiamenti di cultura (intercultural rewriting), lingua (interlingual rewrit-ing), contesto (intercontextual rewriting) e medium (intermedial rewriting). In ogni caso, la riscrittura indica un processo e sottintende l’atto di valicare confini (crossing borders).
La prima parte, sulla riscrittura interculturale, vuole esplorare i modi in cui due culture differenti comunicano. In particolare, come la cultura egiziana ha interagito con la cultura delle potenze coloniali inglese e francese e come interagisce con l’attuale presenza egemonica (l’America). Il primo articolo, Perspiring Translators, Rowdy Audiences, and Ignorant Women: Narratives of the History of Egyptian Theatre [pp. 21-52], della curatrice della raccolta Sirkku Aaltonen, docente di inglese e di traduzione, offre differenti chiavi di lettura per quattro libri di storia del teatro egiziano scritti in periodi differenti, per sottolineare come il contesto di produzione di un’opera, anche se storiografica, ne definisca il contenuto. L’altra curatrice, Areeg Ibrahim, riflette sui motivi interculturali che determinano la selezione di testi teatrali egiziani tradotti in inglese. Nel suo Politics of Choice and Cultural Representation in Translating Egyptian Drama between Two Revolutions (1952–2011) [pp. 53-96], la docente di inglese e letterature comparate evidenzia la specificità della traduzione della produzione teatrale rispetto ad altri tipi di testi letterari. Marvin Carlson rintraccia, invece, le varie ragioni che hanno condotto alla fama in Occidente di Tawfīq al-Ḥakīm, a discapito di altri importanti drammaturghi tuttora poco conosciuti (Tawfīq al-Ḥākīm [sic] as the Representative Egyptian Dramatist in the West, pp. 97-106). Ultimo contributo della prima parte è quello dell’artista teatrale Dalia Basiouny la quale fornisce una sua testimonianza personale sugli adattamenti culturali e i rimaneggiamenti principalmente della sua pièce Solitaire, e delle diverse reazioni del pubblico in base ai recenti eventi vissuti (Performing and Rewrit-ing Solitaire between Languages and Cultures: A Practitioner’s Testimonial, pp. 107-118).
La riscrittura interlinguistica considera le profonde trasformazioni socioculturali alle quali va incontro la traduzione. I tre articoli di questa sezione prendono tutti in esame la traduzione di Shakespeare in arabo. Omaya Ibrahim Khalifa studia l’impatto del contesto di produzione di tre traduzioni della stessa opera, Amleto, attraverso le differenze nella resa delle allusioni a sfondo religioso, mitologico e contemporaneo (Allusion in Three Translations of Hamlet into Arabic, pp. 123-138). Mohamed Samir al-Khatib esamina tre traduzioni di un altro capolavoro shakespeariano – Re Lear – soffermandosi, dapprima, su un’ampia (e forse eccessiva) rassegna dei procedimenti di traduzione di un testo teatrale alla quale dedica metà del suo elaborato – Translation and Dramaturgy in Egyptian Performances of King Lear [pp. 139-156] – per poi rilevare l’apporto, talora contraddittorio rispetto al testo, di registi che fungono da drammaturghi nella produzione dell’opera. Mohamed Enani, infine, porta come esempio di riscrittura interlinguistica la sua incessante attività di traduttore di Shakespeare motivando le sue scelte in materia linguistica (On Translating Shakespeare into Arabic: A Translator’s Testimonial, pp. 157-161).
La terza sezione del volume, la riscrittura intercontestuale, si incentra sul rapporto fra teatro e società. Sameh F. Ḥannā studia una serie di articoli satirici del drammaturgo e critico teatrale Muḥammad Taymūr (1892-1921), pubblicati nel settimanale letterario egiziano “al-Sufūr” nel 1920, che gli è funzionale a dimostrare l’importanza delle critiche teatrali nella storia del teatro egiziano (Theatre-Making and Theatre Translation in Turn-of-the-Century Egypt: Theatricalizing the Theatre Field in Muhammad Taymur’s The Trial of the Playwrights, pp. 169-179). Nel loro articolo From Spectators to “Spect-Actors”: All Tahrir’s a Stage [pp. 180-200], Heba El-Abbadi, docente di teatro inglese, e Sally Hammouda, docente di letteratura anglo-americana, studiano il confine labile e valicabile tra spettatore e attore, tracciando un interessante parallelismo fra gli eventi della piazza (Tahrir) e il “teatro dell’oppresso” di Augusto Boal (m. 2009). Chiudono la terza parte cinque articoli di Nehad Selaiha pubblicati tra aprile e settembre 2011 su “al-Ahram Weekly” che hanno registrato l’impegno esistenziale del teatro in un momento di cambiamento storico (Egyptian Realities on Stage and in Society: Theatre Reviews, pp. 201-218).
La riscrittura intermediale, oggetto della quarta e ultima sezione del volume, esplora quello che è comunemente definito “adattamento” o “trasposizione teatrale” dando risalto al suo aspetto intersemiotico. Salwa Rashad Amin analizza e motiva le scelte nell’adattamento di alcuni racconti da parte di Yussef El Guindi, un “drammaturgo transculturale”, evidenziando come il confronto culturale venga da questi ritrattato attraverso nuove strategie narrative (Dramatizing Short Stories: Yussef El Guindi’s Rewriting of Salwa Bakr’s “That Beautiful Undiscovered Voic”, and “Thirty-One Beautiful Green Trees”, pp. 225-244), mentre Wessam Elmeligi esamina l’egizianizzazione di Pigmalione di Bernard Shaw come esempio pregnante dell’adattamento di opere teatrali inglesi in Egitto negli anni Sessanta; le tensioni politiche del momento si infiltrano nella narrazione attraverso l’introduzione di questioni di classe e gender (It Is Not Just Phonetics and Aristocrats — It Is Sexuality and Politics: The Adaptation of Bernard Shaw’s Pygmalion in the Egyptian Theatre, pp. 245-259). In questa sezione è riportata un’ultima testimonianza: Mona Mikhail presenta il prezioso documentario Live on Stage: A Century and a Half of Theatre in Egypt [pp. 260-269], da lei scritto, diretto e prodotto nel 2010, che assembla 35 minuti di interviste a personalità di spicco del teatro egiziano di generazioni diverse e immagini e video di repertorio e del momento, fornendo il suo punto di vista sul valore dell’opera e delle curiosità del backstage.
Sebbene quest’ultimo articolo abbia un grande valore in sé, il suo inserimento nella sezione sulla riscrittura intermediale genera qualche perplessità. Nell’introduzione alla sezione, leggiamo che l’articolo è qui incluso poiché valica i confini tra media rappresentando il teatro in un film [p. 219]. E neanche gli articoli dei due importanti studiosi Carlson e Selaiha rispondono esattamente al tema del volume. Probabilmente, intendere la riscrittura come profondo cambiamento, ignorando l’ampio seguito alla sistemazione formale operata da Genette in termini di intertestualità, ne fa un concetto talmente inclusivo da far perdere un suo valore come filo conduttore di una raccolta. C’è da dire poi che non tutti i testi sono inediti. Oltre agli articoli di Nehad Selaiha, anche quello di Mohamed Enani è apparso su “Al-Ahram Weekly” (nel 2006) e si possono trovare facilmente online, mentre l’articolo di Omaya Ibrahim Khalifa era già stato presentato a un convegno ad Ankara nel 2013. Si segnala anche che il volume non indica il sistema di traslitterazione adottato e la traslitterazione non è uniforme. Peraltro, è pressoché ignorata la bibliografia in francese o in italiano che comprende studi significativi per la tematica trattata nel volume.
Il volume ha grandi pregi. Esso vede la partecipazione di critici teatrali, professionisti, traduttori e accademici e abbraccia, dunque, la natura molteplice del teatro che difficilmente beneficia del contributo multidisciplinare qui fornito. L’approccio comparatistico, nonché l’idea di crossing borders che accomuna tutti gli articoli giova altresì alla ricchezza dell’opera. Le testimonianze qui contenute offrono un interessante contributo alla conoscenza del teatro egiziano contemporaneo. In definitiva, Rewriting Narratives in Egyptian Theatre è senz’altro utile per chi, esperto o meno di teatro arabo, vuole approfondire le proprie conoscenze o avvicinarsi alla sfera intellettuale egiziana contemporanea e ultra-contemporanea tramite le narrazioni di chi ne è parte, attiva e non, attraverso il teatro.

Daniela Potenza

This is an Article from La Rivista di Arablit - Anno VII, numero 14, dicembre 2017

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L’Autore

Daniela Potenza | Doctorante en Langues, Littérature et Sociétés du Monde (Littérature arabe) à l’INALCO – Institut National des Langues et Civilisations Orientales – Paris, en cotutelle avec l’Université de Naples “L’Orientale”.