Renata Pepicelli, Anna Vanzan (a cura di), I movimenti delle donne in Nord Africa e Medio Oriente: percorsi e generazioni “femministe” a confronto, Dossier “Afriche e Orienti”, XVIII, 1/2016, pp. 160.

In Italia, negli ultimi anni, gli studi in storia delle donne e di genere dell’area del Medio Oriente e Nord Africa (MENA) hanno acquisito uno spazio crescente, sebbene ancora non paragonabile ad altri contesti accademici, come quello britannico, statunitense o francese. È ormai noto che, a dispetto di analisi neocoloniali basate su categorie astoriche, socialmente omogenee e dunque fuorvianti, come quella di «donna media del terzo mondo»1 e di «donna musulmana con hijab»2, l’universo femminile in area MENA sia caratterizzato da una eterogeneità legata all’appartenenza di classe, etnica, religiosa, generazionale, oltreché di genere, e a forme di militanza – ma anche indifferenza – politica. A questa eterogeneità corrisponde un ampio spettro di riferimenti valoriali e strategie di lotta per i diritti individuali e collettivi. Tuttavia, alcune continuità dell’attivismo femminile e femminista in area MENA vanno messe in luce per comprenderne nodi storici e sfide comuni. Nei primi decenni del Novecento le donne partecipano alla lotta anticoloniale, sono presenti nella sfera pubblica attraverso la stampa e le prime associazioni caritatevoli e assistenziali. Rivendicano il diritto all’istruzione primaria, al suffragio, la riforma del diritto di famiglia (per lo più abolizione di poligamia, ripudio e obbligo di obbedienza al marito in cambio di tutela economica). Nel periodo postcoloniale fanno parte dei partiti politici, dove fondano sezioni femminili e da cui spesso si distaccano per non cedere al declassamento della loro agenda e alla prassi di cooptazione da parte dei regimi. Militano in sindacati, movimenti studenteschi, organizzazioni della società civile secolare o d’ispirazione islamica. Dopo la cesura storica del 1979, lungo gli anni ’80 e oltre, sul fronte laico si sviluppa quello che, estendendo una classificazione usata per il caso marocchino, può essere definito come «femminismo combattivo»3, in parallelo con forme via via più visibili di attivismo femminile islamista e con il discorso del femminismo islamico. Negli ultimi decenni, inoltre, molte realtà associative, editoriali, accademiche di ispirazione femminista, seppur non necessariamente secolari, hanno cercato di rendere sostanziale il gender mainstreaming spesso solo dichiarato dai regimi e di arginare gli effetti distorti delle politiche di aggiustamento strutturale, come il persistente contratto di genere patriarcale, il limitato accesso delle donne alla sfera pubblica, la femminilizzazione della povertà o l’alto tasso di analfabetismo femminile4. In continuità con questo dinamismo, il 2011 si configura come un punto di svolta, un «momento-movimento»5 capace di scompaginare alleanze politiche e vecchi equilibri, dando spazio a fratture o a convergenze vecchie o inedite sia interne ai movimenti sociali che nel rapporto col potere centrale, ma soprattutto facendo del femminismo un ideale performativo esondato dagli argini del femminismo storico.
Il numero di “Afriche e Orienti” I movimenti delle donne in Nord Africa e Medio Oriente: percorsi e generazioni “femministe” a confronto, a cura di Renata Pepicelli e Anna Vanzan, ripercorre questa parabola e, attraverso alcuni casi studio, si sofferma su continuità e discontinuità generazionali dell’attivismo femminile e femminista di alcuni paesi della regione MENA in epoca contemporanea e fino ai giorni nostri. L’introduzione generale, in alternativa a quanto ci si potrebbe aspettare, sorvola su una rassegna degli studi in storia delle donne e di genere dei paesi MENA, ponendo il problema della collocazione del volume nel panorama italiano6. Analogamente, non sempre sembra dialogare con la letteratura internazionale sui movimenti sociali areali e non. I casi studio (Egitto, Iran, Marocco, Tunisia, Turchia) propongono, inoltre, un ventaglio simile a quello del volume della rivista della Società Italiana delle Storiche “Genesis” del 2013, Femminismi nel Mediterraneo, curato da Lucia Sorbera e Leila El Houssi (Egitto, Iraq, Marocco, Tunisia, Turchia)7. Tuttavia, se Femminismi nel Mediterraneo si caratterizzava per una marcata componente storica e storiografica, il volume di “Afriche e Orienti” pare focalizzarsi sull’attivismo femminile e femminista più recente, sebbene contestualizzato storicamente e analizzato in relazione alle precedenti generazioni di militanti (per lo più degli anni ’60-’70-’80). Il contributo di apertura dedicato al Marocco esplora l’evoluzione del movimento delle donne seguendo una periodizzazione delineata anche altrove8 e riprende elementi analitici circa i cambiamenti intercorsi nel periodo pre- e post-2011: dalla riconfigurazione dell’ideale di cittadinanza ugualitaria alle riarticolate priorità emancipatorie degli ultimi anni, alle sfide politiche poste dalle attiviste indipendenti del Movimento del 20 Febbraio, al femminismo storico di stampo laico9. Il caso tunisino è indagato a partire dalle differenze tra la mobilitazione femminista degli anni ’60 e ’70 e quella delle giovani attive a ridosso del 2011, e segue una periodizzazione articolata in tre fasi: una prima, caratterizzata «par un militantisme structuré, organisé, fortement idéologisé» [p. 38]; una seconda burghibista (1957-1987) e ben aliana (1987-2011), caratterizzata da un immobilismo in cui l’impegno politico è limitato al partito unico, a «l’opposition de façade ou l’opposition clandestine» [p. 41]; una terza rivoluzionaria (dicembre 2010-gennaio 2011), caratterizzata da un’apertura di possibilità e da una trasversale partecipazione politica a cui non è però corrisposta un’adeguata rappresentanza femminile. Il taglio microsociologico della Ben Salem restituisce gli elementi di una «mobilisation ponctuelle» [p. 52] delle più giovani, la cui militanza resta “distanziata” dalla cornice ideologica dalla generazione precedente, seppur in continuità con il progetto del femminismo storico. Ne emerge una interessante fotografia di un attivismo “pragmatico” che seleziona obiettivi di lotta a seconda delle sfide storico-politiche e che in parte risente dalla professionalizzazione collegata al processo di ONG-izzazione influenzato dall’“aiuto” esterno allo sviluppo. Mulki Al-Sharmani descrive il posizionamento socio-politico nell’Egitto post-2011 del femminismo islamico, progetto di “sovversione cognitiva” volto a dimostrare compatibilità tra Islam e uguaglianza di genere che si fa movimento quando diviene base epistemologica e teorica di un’azione emancipatoria localizzata. In particolare, sono prese in esame le interazioni di “attiviste dottrinali” come Omaima Abou-Bakr del Women and Memory Forum e Amany Saleh della Association for Studying Women in Civilization con le associazioni Nazra for Feminist Studies e Mada Foundation for Media Development. Vengono constatati gli ostacoli posti al progetto del femminismo islamico nella fase di acuta repressione del regime di al-Sisi: dalla contrarietà delle attiviste laiche, alla difficoltà di accedere all’autorità religiosa per riformare dall’interno il sistema di produzione di sapere islamico. L’articolo dedicato al caso turco si propone di indagare le differenze generazionali presenti nel movimento delle donne dagli anni ’80 alle manifestazioni spontanee e massive di Gezi Park (maggio 2013, Istanbul). Basandosi anch’esso su interviste rivolte ad attiviste, qui ispirate a un impianto metodologicamente non sempre lineare, il contributo mira a evidenziare nuovi modi contestatari femministi vis à vis le politiche paternalistiche e neoliberali dello stato turco. Si intende dimostrare come, irrompendo negli spazi pubblici con linguaggi innovativi, femministe – e non – lottano per una cittadinanza ugualitaria e per un’agibilità pubblica al di là degli obiettivi del femminismo tout court. Infine, sulla base di uno strutturato inquadramento storico-culturale delle fasi più dirimenti della storia d’Iran, Anna Vanzan mette in rilievo la capacità dei femminismi locali di adattare gli obiettivi di lotta alle diverse congiunture storico-politiche della storia nazionale: dalle prime battaglie per il diritto all’istruzione d’inizio ’900, al periodo d’ingerenza estera nel nation building, all’attivismo femminile nel partito comunista, passando per la Rivoluzione del 1979, fino al femminismo islamico e alla più recente Onda Verde del 2009. Oltre che all’importanza delle proposte riformiste del femminismo islamico, si dà risalto a molto interessanti sviluppi recenti dell’attivismo femminista: dalle convergenze tra laiche e religiose in occasione della petizione per la riforma del Codice di Famiglia del 2006 e dell’Onda Verde, alla diffusione di «femminismi alternativi» [p. 112] caratterizzati da specificità legate ad attività caritatevoli e a tematiche ecologiche, di stampo professionale, d’identificazione etnica.
Per concludere: i contributi del numero seguono una periodizzazione che attraversa le tappe principali dell’attivismo femminile e femminista in area MENA da inizio Novecento fino alle evoluzioni più recenti. In generale, sulla base di testimonianze dirette contestualizzate storicamente, il volume si muove lungo la tensione tra l’insorgenza di proposte femministe contro-egemoniche dal basso e lo stretto legame tra regimi autoritari e ideologia patriarcale, laddove parità di genere e gender mainstreaming nelle politiche pubbliche sono oramai strumento di governamentalità neo-liberale. In alcuni contributi, come quelli sui casi tunisino e iraniano, emerge chiaramente la natura “diffusa” delle rivendicazioni femministe delle più giovani attiviste rispetto alle generazioni procedenti. Tuttavia, la categoria della “generazione” presenta alcuni limiti nel restituire la complessità di tensioni, prese di distanza, riconfigurazioni di alleanze o convergenze che spesso hanno a che vedere con le differenze di classe, di riferimenti valoriali (universalismo dei diritti umani o Islam o entrambi), identificazioni politiche o religiose e con precisi contenuti emancipatori. Il quadro tracciato fa sì emergere alcune sfide recenti poste dai movimenti delle donne in area MENA – dall’uso dei social network all’apertura di nuovi spazi contestatari – e convergenze interessanti, ad esempio fra laiche e islamiche nel caso iraniano, ma offre spunti interpretativi non sempre innovativi, lasciando aperte domande che vanno oltre le dimensioni generazionali: dal rapporto dei movimenti sociali con il potere tout court alla relazione tra società civile e attori come le agenzie della cooperazione internazionale, al divide urbano-rurale, al rapporto con la componente maschile dell’attivismo in favore di una cittadinanza ugualitaria, alle questioni oggetto di un significativo dibattito degli ultimi anni di alcuni paesi presi in esame (ad esempio il Marocco e la Tunisia) come il diritto ereditario ugualitario.

Sara Borrillo


1 C.T. Mohanti, Under Western Eyes. Feminist Scholarship and Colonial Discourses, in “Feminist Review”, 30 (1988), pp. 61-88; Ead., Femminismo senza frontiere. Teoria, differenze, conflitti, trad. it. di R. Baritono, Ombre corte, Verona 2012.
Sirin Adlbi Sibai, La cárcel del feminismo. Hacia un pensamiento islámico decolonial, Akal, Madrid 2016; Ead., Colonialidad, feminismo e Islam, http://www. rebelion.org/ docs/150680.pdf (3/7/2016).
Zakya Daoud, Féminisme et politique au Maghreb. Soixante ans de lutte (1930-1992), Eddif, Casablanca 1993; Aïcha Belarbi, Femmes et société civile. Réflexions sur le cas du Maroc, in Aïcha Belarbi [et al.], Droits de citoyenneté des femmes au Maghreb. La condition socio-économique et juridique des femmes. Le mouvement des femmes, Le Fennec, Casablanca 1997, pp. 249-272.
4 Per una periodizzazione generale e critica: Leila Ahmed, Women and Gender in Islam: Historical Roots of a Modern Debate, Yale University Press, New Haven 1992 (trad. it. Oltre il velo. La donna nell’Islam da Maometto agli Ayatollah, La Nuova Italia, Firenze 1995); Lila Abu-Lughod (ed.), Remaking Women. Feminism and Modernity in the Middle East, The American University in Cairo Press, Cairo-Princeton University Press, Princeton 1998.
Zakya Salime, Between Feminism and Islam: Human Rights and Sharia Law in Morocco, University of Minnesota Press, Minneapolis-London 2011.
Solo per citare alcuni esempi: B. Scarcia Amoretti-L. Karami, Il protagonismo delle donne in terra d’Islam: appunti per una lettura storico-politica, Ediesse, Roma 2015; Leila El-Houssi, Lucia Sorbera (a cura di), Femminismi nel Mediterraneo, in “Genesis-Rivista della Società Italiana delle Storiche”, XII, 1-2013; L. Scudieri, Oltre i confini dell’harem. Femminismi islamici e diritti, Ledizioni, Milano 2013; E. Francesca, Genere e cittadinanza nell’area Mena, in E. Pföstl (a cura di), Società civile e minoranze tra tradizione e trasformazione nell’area del Medio Oriente e Nord Africa, Apes, Roma 2011, pp. 107-184; P. Gandolfi, Etnografie e lavori sul campo in Maghreb e in Marocco prima e dopo le “rivoluzioni”, in “Archivio Antropologico Mediterraneo”, XII-XIII/13-2 (2011), pp. 89-104, http://www.archivioantropologicomediterraneo.it/riviste/estratti_13_2/09.pdf (4/12/2016); A. Vanzan, Figlie di Allah. Viaggio nei femminismi islamici, Bruno Mondadori, Milano 2010; R. Pepicelli, Il Femminismo islamico. Corano, diritti, riforme, Carocci, Roma 2010; J. Guardi-R. Bedendo, Teologhe, musulmane, femministe, Effatà, Torino 2009; Ruba Salih, Musulmane rivelate. Donne, Islam, modernità, Carocci, Roma 2008; M.C. Paciello, Zaynab Al-Ġazālī Al-Ğabīlī, militante islamica egiziana: un modello islamico di emancipazione femminile?, in “Oriente Moderno”, XXI/2 (2002), pp. 275-319.
Leila El-Houssi, Lucia Sorbera (a cura di), Femminismi nel Mediterraneo, cit.
S. Borrillo, Femminismi in Marocco tra politiche di genere e movimenti sociali. Alcune evoluzioni recenti, in Leila El-Houssi, Lucia Sorbera (a cura di), Femminismi nel Mediterraneo, cit., pp. 119-139.
9 S. Borrillo, Il Movimento del 20 Febbraio e l’uguaglianza di genere in Marocco: tra dibattito interno e riforma costituzionale, in E. Francesca-A. Di Tolla (a cura di), La rivoluzione ai tempi di internet. Il futuro della democrazia nel Maghreb e nel mondo arabo, Università L’Orientale, Napoli 2012, pp. 27-46; Ead., Islamic Feminism in Morocco: the discourse and the experience of Asma Lamrabet, in M. Ennaji, F. Sadiqi, K. Vintges (eds.), Moroccan Feminisms. New Perspectives, Africa World Press-Red Sea Press, Trenton 2016, pp. 111-127; Ead., Telepredicatrici e attiviste on line: la costruzione mediatica del genere femminile in Marocco tra ideale islamico e libertà individuali, in R. Pepicelli (a cura di), Le donne nei media arabi. Tra aspettative tradite e nuove opportunità, Carocci, Roma 2014, pp. 99-110.

This is an Article from La Rivista di Arablit - Anno VII, numero 13, giugno 2017

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