Muḥammad Barrādah, al-Riwāyah al-‘arabiyyah wa rihān al-taǧdīd (Il romanzo arabo e la scommessa sul rinnovamento), Dār al-Ṣadà, Dubay 2011, pp. 191.

L’idea del rinnovamento e la questione del modernismo hanno influenzato la cultura araba a partire dalla seconda metà del secolo scorso, suscitando l’interesse degli scrittori arabi e assumendo un’importanza maggiore dopo la sconfitta del 1967. Questa tematica, già ampiamente analizzata da diversi studiosi arabi, trova nuova espressione nel saggio al-Riwāyah al-‘arabiyyah wa rihān al-taǧdīd dello scrittore marocchino Muḥammad Barrādah, pubblicato da Dār al-Ṣadà e distribuito gratuitamente col mensile “Dubay al-ṯaqāfiyyah”.      

Ciò che distingue questo studio dagli altri è il diverso approccio metodologico e l’analisi critica incentrata su alcuni recenti romanzi arabi, noti e meno noti: l’autore affronta la sua indagine attenendosi ai canoni della sociologia dell’arte e della letteratura, e tenendo conto del retroscena politico e sociale che fa da sfondo alla creatività letteraria nel mondo arabo. Seguendo questo schema, Barrādah supera il metodo tradizionale dell’analisi storica del romanzo arabo, scompaginando e frantumando il testo letterario, alla scoperta della relazione tra l’opera letteraria e l’uomo, con la sua realtà presente e futura.

Il saggio si compone di  un’introduzione e di sei capitoli.

Nell’introduzione, intitolata Il fervore e il ristagno della creatività moderna araba: verso una riformulazione della problematica, lo scrittore riassume gli obiettivi del suo studio, vale a dire:

1- riformulare le problematiche della creatività sì da renderla in grado di rispondere alle attuali richieste delle società arabe;

2- superare l’idea classica secondo la quale l’unico obiettivo dell’attività narrativa sarebbe quello di tradurre semplicemente i problemi delle società arabe.

Per raggiungere il suo scopo, Barrādah si interroga su come misurare gli altalenanti momenti di fervore e di ristagno del processo creativo, sottolineando, al contempo, l’impossibilità di rispondere a questa domanda per mancanza di statistiche e dati scientifici. Ne consegue che l’unico metro di misura su cui fare affidamento sia determinato dalla capacità del romanzo di andare di pari passo con gli avvenimenti storico-sociali che hanno marcato il percorso delle società arabe a seguito, soprattutto, della sconfitta del 1967. Barrādah evidenzia la necessità di rielaborare le questioni attinenti all’attività letteraria nel modo arabo che è riuscita comunque ad imporsi nel panorama culturale mondiale malgrado tutti i fattori negativi che ne hanno, nel tempo, ostacolato il cammino, soprattutto per quanto concerne l’apertura verso la modernità: le difficoltà sono emerse sia a livello politico, a causa della spaccatura profonda fra Stato e società civile, sia a livello sociale, con il dilagare dell’analfabetismo e, per finire, anche a livello ideologico, con l’indebolimento dei partiti riformisti e l’avanzata di quelli fondamentalisti. A tal proposito, lo studioso sottolinea l’importanza di avere una cultura indipendente, lontana dalla manipolazione del Potere e delle sue ideologie, una cultura che si sviluppi attraverso la relazione diretta fra lettori e letterati innovativi, sì da creare un movimento storico-sociale che rivoluzioni le società arabe. Si delineano così elementi che, nell’insieme, rendono più avvincente la scommessa sulla creatività letteraria e sul suo tentativo di tracciare nuovi orizzonti.

Nel primo capitolo del saggio, intitolato Il romanzo e la scrittura, Barrādah ridefinisce il termine “scrittura” sulla base di tre elementi: il concetto di scrittura e della sua esecuzione, l’indipendenza del testo e la personalizzazione della scrittura e, infine, la posizione del romanzo arabo sulla scena internazionale.

Per quanto riguarda il primo punto, secondo Barrādah la scrittura è l’espressione della reazione dello scrittore consapevole delle circostanze storiche, delle contraddizioni, dei conflitti e delle ingiustizie sociali e delle domande che tormentano il suo essere.

Quanto alla questione relativa all’indipendenza del testo e alla personalizzazione della scrittura, Barrādah chiarisce che proprio quest’ultimo fattore ha conferito il vero valore al romanzo arabo, poiché esso, attraverso l’uso dei simboli, delle allusioni e delle metafore, è stato capace di dar voce all’individuo arabo, emarginato per lungo tempo. Ripercorrendo la storia della narrativa in lingua araba, Barrādah cita diversi romanzi come Zaynab di Muḥammad Haykal, ‘Uṣfūr min al-šarq di Tawfīq al-Ḥakīm, al-Zaynī Barakāt di Ǧamāl al-Ġīṭānī, che considera la chiara espressione della ribellione dell’individuo arabo contro tutte le restrizioni e i concetti obsoleti. Nell’analizzare la produzione letteraria sviluppatasi fra gli anni Sessanta e Ottanta, lo scrittore marocchino ne sottolinea il carattere innovativo determinato dallo sviluppo di nuove forme narrative: tra queste distingue la molteplicità delle voci narranti, l’uso della tecnica del montaggio e dei documenti giornalistici, il riutilizzo del patrimonio culturale storico arabo e i suoi simboli. È proprio in questo periodo che il romanzo arabo intraprende la ricerca della sua autonomia e della sua specifica personalità.

Per quanto riguarda, poi, la posizione della narrativa araba a livello internazionale, Barrādah afferma che, durante il secolo passato, essa ha seguito diverse direttive e ha sviluppato significative peculiarità, sia dal punto di vista dei concetti che a livello estetico: si può pertanto affermare che oggi il romanzo arabo può, a pieno titolo, far parte della letteratura internazionale.

Nel secondo capitolo, intitolato Sul rinnovamento narrativo, Barrādah analizza la produzione narrativa araba dopo la sconfitta del 1967, data in cui le pubblicazioni si staccano dal discorso nazionalistico e retorico, per fornire una definizione di “romanzo nuovo”. A questo proposito, lo studioso sottolinea cosa debba intendersi, propriamente, per “romanzo nuovo”.

Il “romanzo nuovo” viene a essere collegato a componenti artistiche inedite, significative e strutturalmente innovative; si passa quindi ad analizzare i concetti di “rinnovamento”, “esperimento” e “innovazione”, considerati frutto della ricerca, da parte degli scrittori arabi, di nuove forme narrative capaci di sconvolgere gli schemi classici. Nello specifico, Barrādah si sofferma sul carattere innovativo di alcuni romanzi arabi pubblicati nei ultimi tre decenni, che si baserebbe su quattro criteri:

a- la frantumazione del testo: vale a dire l’uso di nuove forme narrative come la moltiplicazione dell’Io narrante e i diversi strati dei monologhi, come in al-Ǧabal al-ṣaġīr di Ilyās Ḫūrī (Elias Khury); l’uso di una lingua sobria, basata sulle allusioni che spingono il lettore a utilizzare la sua immaginazione per comprendere  il testo (come nel caso di Fāṣil li ’l-dahšah di Muḥammad al-Faḫrānī);      

b- la contaminazione della lingua: inventare cioè parole nuove e svuotare quelle note del loro significato attraverso l’uso di dialetti e di un registro linguistico tipico di alcuni ceti sociali, come in  Al‘āb al-hawà di Waḥīd al-Ṭawīlah;

c- trattare temi tabù per la società araba, in particolare sesso, religione e politica, da sempre censurati dal Potere in nome della religione e dei valori morali. Alcuni autori, come ‘Alawiyyah Ṣubḥ e Rašīd al-Ḍa‘īf, hanno utilizzato il sesso per evidenziare le contraddizioni sociali; altri, come Yāsir ‘Abd al-Ḥāfiẓ, hanno denunciato la strumentalizzazione della religione per interessi politici particolari. Per diversi scrittori parlare di politica non voleva dire soltanto denunciare l’oppressione e le torture ma anche monitorare, attraverso la scrittura, il deterioramento sociale, frutto della politica tirannica, e la radicalizzazione delle differenze sociali, come si evidenzia in Ayyām wardiyyah di ‘Alà al-Dib;     

d- la personalizzazione della scrittura. Lo scrittore arabo ha cercato di dare un’impronta personale al suo modo di scrivere, legando il testo alla propria esperienza attraverso l’uso di nuovi mezzi espressivi, come dimostrano i romanzi egiziani scritti fra il 2000 e il 2008.

Attraverso l’analisi di nuove narrazioni, Barrādah sostiene come il loro merito sia stato quello di spiegare all’esterno il mondo arabo. In mancanza di studi sociologici, hanno fatto luce sull’emarginazione, la violenza e la decadenza morale determinate anche dall’espansione selvaggia  delle zone urbane e dalla diffusione dei sobborghi abusivi. Così facendo, queste pubblicazioni sono riuscite a dar voce ai giovani che tentano di costruire un futuro migliore nella società araba, gravida di problemi e scossa dalle conseguenze di una globalizzazione che cerca il lucro a tutti i costi. Questo genere di romanzo non fornisce soluzioni pronte ma solleva domande coraggiose. È il caso di Taġrīdat al-baǧ‘ah di Makkāwī Sa‘īd, di al-Qawqa‘ah: yawmiyyāt mutalaṣṣiṣ di Muṣṭafà Ḫalīfī, o, ancora, di Maṭar ḥazīrān di Ǧabbūr al-Duwayhī, solo per citare alcuni nomi.

Nel terzo capitolo, il cui tema è Il rinnovamento del romanzo e le manifestazione della rottura, Barrādah collega il rinnovamento narrativo alla strategia della scrittura e alla sua capacità di interagire con la vita sociale, libera oramai da tutte le costrizioni. Barrādah analizza i romanzi pubblicati negli ultimi due decenni per evidenziarne il rinnovamento e la loro frattura con gli stereotipi del passato. Tale rinnovamento emerge attraverso cinque elementi: la narrazione, la tematica, la forma, la lingua e l’immaginazione, soprattutto l’immaginazione sociale. Le opere analizzate sono: Kullunā ba‘id bi-ḏāt al-miqdār della palestinese ‘Adaniyyah Šalabī, Da‘ ‘anka lawmī del siriano Ḫalīl Ṣwīliḥ, Faylasūf al-karantīnah dello yemenita Waǧdī al-Ahdal, Ingīl Ādam e Bi-munasābat al-ḥayāh degli egiziani Muḥammad ‘Alā’ al-Dīn e Yāsir ‘Abd al-Ḥāfiẓ, e infine Aṣl al-hawà della giordana Ḥuzāmah Ḥabāyab. Tutte queste opere hanno la caratteristica di personalizzare la scrittura, di allontanarsi dall’ideologia dominante e di riflettere su un presente fatto di emarginazione e smarrimento, attraverso l’utilizzo di una scrittura frammentata, che ricorre anche a formule dialettali, e di un’immaginazione indipendente da qualsiasi tipo di stereotipo, quali il falso ottimismo e i diktat di tutti i tipi di poteri: politico, sociale e religioso.

Nel quarto capitolo, intitolato Valutare il romanzo, Barrādah ripercorre la storia del romanzo arabo dalla fine del XIX secolo fino ad oggi, distinguendo il romanzo educativo da quello realistico-sociale. Di questo genere di romanzo lo studioso sottolinea la capacità di essersi trasformato, negli anni Ottanta, talmente tanto da trovare una nuova forma espressiva capace di rispondere alle domande esistenziali e di contrapporsi all’oppressione e alle sconfitte nazionali. Tale  rinnovamento è stato possibile grazie ai giovani scrittori che sono riusciti ad elaborare un mezzo artistico adatto a trattare i temi considerati tabù dalla società araba, e ad esplorare il mondo dei blogger e dei social network. Lo scrittore si interroga quindi sul compito del critico letterario, se debba o meno considerare il romanzo un mezzo per scuotere le coscienze e sviluppare le conoscenze. I suoi quesiti vertono anche sulla possibilità di utilizzare nuovi criteri di valutazione per analizzare tali romanzi e, nel caso, quali. A questo proposito, Barrādah critica quegli studiosi arabi che hanno volutamente ignorato alcuni generi narrativi, quali ad esempio il filone poliziesco o fantascientifico, e si pone al contempo degli interrogativi sul crescente fenomeno dei bestseller nel mondo arabo, ai quali non sempre corrisponde un alto livello qualitativo. Su questo aspetto, tuttavia, lo scrittore marocchino conclude sostenendo, in alcuni casi, la possibilità di una coesistenza tra qualità letteraria di un certo tipo e risposta positiva da parte dei lettori. A conclusione del capitolo, Barrādah invita ad applicare criteri critici che tengano in egual conto il valore estetico e contenutistico, il pregio letterario e realistico, senza dimenticare i cambiamenti tematici e linguistici. Auspica, pertanto, un maggiore interesse nei confronti dei romanzi dei giovani scrittori.

Il quinto capitolo, intitolato Lettura di nuovi testi, è una raccolta di articoli di critica letteraria su sei romanzi arabi scelti da diversi paesi, dei quali Barrādah ha studiato i temi attuali e le nuove forme espressive. In ogni testo individua l’asse portante, l’elemento fondamentale. Le opere narrative in questione sono:

1- Mawāsim al-hiǧrah ilà al-šamāl: inizio del romanzo universale. Nello studio di questa pubblicazione del famoso scrittore sudanese al-Ṭayyib Ṣāliḥ, Barrādah sottolinea l’uso di diverse forme narrative, quali, ad esempio, la molteplicità delle voci narranti, l’universalità delle tematiche trattate, come la relazione con l’altro e la realizzazione dell’essere attraverso l’amore e il sesso, il tutto in un’atmosfera piena di ambiguità.

2- al-Qaws wa ’l-farāšah: dalla storia d’amore al fallimento all’autocritica. In questo romanzo, lo scrittore marocchino Muḥammad al-Aš‘arī descrive i cambiamenti della società marocchina a seguito dell’emergere del fondamentalismo, del terrorismo, della diffusione della corruzione e dell’opportunismo politico, ma anche del mutato ruolo della donna. Barrādah individua la peculiarità dello scrittore nell’uso di una struttura narrativa che mescola voci molteplici e tempi diversi, la poesia con il mito e la narrazione reale con quella surreale.

3- Dumū‘ Bāḫūs: i discendenti di Bāḫūs si confrontano con la realtà. Ciò che caratterizza questo romanzo dello scrittore marocchino Muḥammad Amanṣūr è il carattere sperimentale dell’opera, che si evidenzia nella struttura del romanzo nel romanzo, nel ricorso alla molteplicità delle voci narranti e ai diversi registri linguistici, intrecciando il mito con la poesia, con la politica e con la storia, il tutto con un approccio filosofico. Il testo espone due contrastanti punti di vista rispetto alla vita: la ricerca del piacere, per avvicinarsi al senso della vita stessa, e la ricerca della verità, nel tentativo di migliorare il mondo.

4- Istudyū Bayrūt: l’immagine e la sua origine perduta. In questo romanzo, la scrittrice libanese Hālah al-Kawṯarānī utilizza il cinema e le sceneggiature per costruire il testo e i personaggi con una presenza dominante della figura femminile. Riesce così a descrivere l’esperienza della guerra ancora viva  nell’intimo di coloro che, perché dotati di maggiore sensibilità, sono capaci di vivere appieno tutti gli aspetti del quotidiano, liberando la fantasia ed esprimendo una volontà di sopravvivere nonostante l’orrore. Il romanzo tende a gettare luce su alcuni tratti del Libano tormentato dall’ansia e dal timore, ma che continua a vivere e a inventare storie d’amore e di passione.   

5- Ḥalīb al-tīn: la Palestina con gli occhi di una donna. La scrittrice palestinese Sāmiyah ‘Īsà è riuscita a trattare con coraggio un tema considerato da tanti un tabù, descrivendo il palestinese come una persona reale, in carne e ossa, con i suoi dubbi e i suoi tormenti. Si è fatta così interprete di una trasformazione radicale, riuscendo a segnare il passaggio del romanzo dalla fase idealistica a quella realistica: quest’ultima racconta la vita palestinese in modo reale, staccando alla narrativa palestinese la maschera degli stereotipi della Nakba e degli slogan prefabbricati.

6- An tarà al-āna: la lingua e la telecamera percorrono la realtà. Quest’opera dello scrittore egiziano Muntaṣir al-Qaffāš si distingue per forma artistica e per varietà di tematiche. Lo scritto rompe il mondo narrativo tradizionale, usando una forma semi-poliziesca. Barrādah sottolinea la capacità di questo autore di mescolare realtà e immaginazione, esperienza vissuta e profonde tensioni dell’anima.

L’ultimo capito, intitolato Hanno scritto sul romanzo, comprende due articoli tradotti da Barrādah dal francese e una recensione. Il primo articolo, Thomas Pavel: il romanzo ci invita a trovare il nostro posto nel mondo, è un’intervista rilasciata da Pavel e pubblicata dal quotidiano francese “Le Figaro” il 27 marzo 2003 sul suo saggio La pensée du roman; il secondo articolo, Pensieri sulla storia del romanzo, dello stesso Pavel, è uno studio approfondito sulla storia del romanzo. Infine Barrādah presenta il libro Le roman, pour quoi faire?, che fornisce venti risposte date da altrettanti scrittori ai quali è stato posto questo quesito.

Indubbiamente al-Riwāyah al-‘arabiyyah wa rihān al-taǧdīd è un studio approfondito sulla capacità del romanzo arabo, dei romanzieri giovani e meno giovani, di rinnovarsi, di sfidare i tabù e la censura e di andare al passo con i cambiamenti che sconvolgono il mondo arabo, soprattutto  in questa fase storica estremamente delicata, sviluppando inedite forme linguistiche ed espressive, innovative sia nella forma che nelle tematiche.

Alma Salem

This is an Article from La Rivista di Arablit - Anno II, numero 3, giugno 2012

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Alma Salem |