Fabio Caiani and Catherine Cobham, The Iraqi Novel. Key Writers, Key Texts, Edinburgh Studies in Modern Arabic Literature, Edinburgh University Press, Edinburgh 2013, pp. 264.

Ultimo volume in ordine cronologico della serie degli Edinburgh Studies in Modern Arabic Literature diretta da Rasheed El-Enany, il saggio di  Fabio Caiani e Catherine Cobham – entrambi docenti presso la University of St Andrews –  intende colmare una lacuna negli studi anglosassoni dedicati alla letteratura araba la cui attenzione si è soffermata soprattutto alla produzione egiziana e libanese trascurando, invece, quella irachena, oggetto del volume.
Lo studio, che si concentra prevalentemente sul genere della narrativa, copre un arco temporale che parte dai primi sviluppi della prosa irachena, giunge alla interessante stagione degli anni ’50 e ’60 in cui l’Iraq è stato protagonista del panorama culturale arabo, e si prolunga fino al primo decennio del XXI secolo. Sebbene alcuni dei capitoli siano stati già pubblicati dagli autori, singolarmente oppure insieme, in veste di articoli tra il 2004 e il 2010 su riviste specialistiche (“Journal of Arabic Literature”, “Arabic and Middle Eastern Literature” e “Middle Eastern Literature”), questi sono stati ampliati e arricchiti, per cui il testo esprime una sua propria peculiarità e un indubbio carattere di novità.
L’originalità della ricerca condotta dai due studiosi, i quali adottano una prospettiva postcoloniale e comparatista, sta nell’organizzare il loro lavoro attraverso un approccio che privilegia l’analisi testuale. Quest’analisi si concentra in particolare su quattro scrittori che hanno iniziato a scrivere intorno agli anni ’40, considerati da Fabio Caiani e Catherine Cobham come autori-chiave per comprendere lo sviluppo della narrativa irachena del XX secolo e membri di quel gruppo di intellettuali che sarebbero stati identificati in seguito con l’appellativo di “generazione degli anni ’50”. Gli autori in questione sono ‘Abd al-Malik Nūrī (1921-1998), Ġā’ib Ṭu‘mah Farmān (1927-1990), Mahdī ‘Īsā al-Ṣaqr (1927-2006) e Fu’ād al-Takarlī (1927-2008), rappresentativi, secondo gli autori del saggio, per aver introdotto nella narrativa irachena innovazioni estetiche, stilistiche e una indubbia dose di sperimentazione, unita all’interesse per tematiche socio-politiche che avrebbero influenzato le successive generazioni di scrittori.
Il saggio si apre con una introduzione storico-letteraria che mette a fuoco le trasformazioni della scena culturale irachena durante il passaggio tra il dominio ottomano e quello britannico, con la conseguente nascita dell’Iraq come entità nazionale. Gli autori individuano nei romanzi al-Riwāyah al-īqāziyyah (Il racconto del risveglio, 1919) di Sulaymān Fayḍī, Ǧalāl Ḫālid (dal nome del protagonista, 1928) di Maḥmūd Aḥmad al-Sayyid e al-Duktūr Ibrāhīm (Il dottor Ibrāhīm, 1939) di Ḏū al-Nūn Ayyūb i testi che meglio rappresentano i primi esempi significativi della narrativa irachena nel periodo di formazione iniziale. Il valore dei tre romanzi risiede anche nella loro ampia diffusione: a causa del suo carattere didattico, al-Riwāyah al-īqāziyyah venne adottato nelle scuole; il romanzo di al-Sayyid influenzò fortemente la gioventù irachena del tempo, mentre al-Duktūr Ibrāhīm, dapprima pubblicato a puntate sulla stampa, suscitò un forte interesse nei lettori per i riferimenti alla politica del paese.
Il secondo capitolo si concentra sulla personalità di ‘Abd al-Malik Nūrī, autore insuperato di racconti brevi trascurato dalla critica, la cui opera segna indubbiamente gli inizi della narrativa sperimentale in Iraq. Gli autori, i quali definiscono Nūrī «artista rivoluzionario» [p. 30], passano dettagliatamente in rassegna sei racconti brevi dello scrittore iracheno, grande ammiratore di James Joyce e considerato il primo ad aver utilizzato, in ambito arabo, la tecnica dello “stream of consciousness” e il monologo interiore alla fine degli anni ’40.
Particolarmente interessante il paragrafo intitolato Baghdad Cafés in cui, per meglio presentare la vivacità della vita culturale a Baghdad al tempo di ‘Abd al-Malik Nūrī, gli autori si soffermano sulle attività che si svolgevano, appunto, nei numerosi caffè della capitale. È lì, infatti, che si discuteva della produzione letteraria occidentale, che nascevano riviste, o trovavano spazio movimenti d’avanguardia come la Ǧamā‘at al-waqt al-ḍā‘ī (La società del tempo perduto), nata nel 1946.
Ai diversi tipi di realismo presenti nella letteratura irachena è, invece, dedicato il terzo capitolo, in cui viene esaminato il romanzo al-Naḫl wa ’l-ǧīrān (La palma e i vicini, 1966) di Ġā’ib Ṭu‘mah Farmān, testo unanimemente considerato come il primo romanzo iracheno ad aver raggiunto la piena maturità artistica. L’analisi del romanzo si estende all’influenza che la Seconda Guerra Mondiale ha avuto sulla società e sulla vita culturale a Baghdad, così come viene evocata nei romanzi di Farmān.
Fabio Caiani e Catherine Cobham considerano l’opera di Farmān imprescindibile per illustrare le trasformazioni attraversate dalla società irachena tra gli anni ’50 e ’70, periodo oggetto del quarto capitolo. I personaggi creati da Farmān diventano, romanzo dopo romanzo, le molteplici voci del popolo iracheno transitato dagli anni ’50, un periodo di repressione ma di «great expectations» [p. 135] fino agli anni ’70, quando la ricchezza comincia a concentrarsi nelle mani di pochi e le speranze dei molti sono ormai in frantumi.
Il romanzo al-Šāṭi‘ al-ṯānī (L’altra sponda, 1998) di Mahdī ‘Īsā al-Ṣaqr, noto per il realismo sociale dei suoi racconti brevi, al centro del quinto capitolo, è stato scelto dagli autori per le caratteristiche formali, soprattutto per quanto riguarda i dialoghi, e perché offre un’ambientazione diversa rispetto agli altri testi, in quanto l’azione descritta si svolge a Bassora. L’analisi delle opere successive di al-Ṣaqr continua anche nel sesto capitolo, che si focalizza sulle modalità elaborate dallo scrittore per descrivere la guerra e la violenza. In particolare, gli anni successivi all’arrivo al potere di Saddam Hussein e l’attacco all’Iran nel 1980, fino l’occupazione militare statunitense del 2003 diventano cruciali per lo sviluppo successivo della narrativa irachena che si troverà a elaborare temi come la perdita d’identità di un paese dilaniato da decenni di guerre, il degrado morale, prima sotto la pressione di una politica repressiva poi sotto l’occupazione militare straniera.
Il settimo capitolo è incentrato su Fu’ād al-Takarlī, con il quale il romanzo iracheno raggiunge l’apice e si afferma all’interno dell’intera produzione araba. Emblematico, secondo gli autori del saggio, il romanzo al-Masarrāt wa ’l-awǧā‘ (Gioie e dolori, 1998), «the text, whose breadth and ambitious structure make it comparable to similarly wide-ranging works from foreign literature» [p. xiii]. Nell’ottavo capitolo l’analisi viene estesa ad altri lavori di al-Takarlī e, in particolare, a al-Raǧ‘ al-ba‘īd (Il ritorno lontano, 1980) simbolo di «possibilities for survival and renewal» [p. 219], in cui lo scrittore approfondisce la propria riflessione su alcuni aspetti peculiari della società irachena e sulla loro influenza nella vita degli individui.
Il legame tra romanzo iracheno ed esilio è trattato nell’epilogo del testo e, a questo proposito, gli autori mostrano la profonda influenza che la generazione degli anni ’50 ha avuto anche su scrittori appartenenti a generazioni successive come Muḥammad Ḫuḍayyir (1942). Gli autori ripercorrono poi i diversi tipi di esilio subiti dagli intellettuali iracheni nel corso dei decenni: l’attuale esilio “fisico” che ha spinto e ancora spinge molti intellettuali a lasciare il paese e, andando a ritroso nel tempo partendo dagli anni ’50 fino ai decenni successivi, quell’esilio “interno” che costringeva quegli scrittori che continuavano a vivere in Iraq all’isolamento, compresi il bando in zone remote del paese, l’alienazione e l’emarginazione sociale.
Il saggio di Fabio Caiani e Catherine Cobham conferisce nuova vitalità alla produzione culturale e letteraria di una nazione da sempre all’avanguardia nelle diverse espressioni artistiche, e ciò diventa ancora più importante considerato il drammatico momento storico in cui si trova attualmente l’Iraq.

Monica Ruocco

This is an Article from La Rivista di Arablit - Anno III, Numero 6, dicembre 2013

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Monica Ruocco |