Börte Sagaster, Martin Strohmeier, Stephan Guth (eds.), Crime Fiction in and around the Eastern Mediterranean, Harrassowitz Verlag, Wiesbaden 2016, pp. 156.

Questo volume è il risultato di una conferenza sul romanzo giallo del Mediterraneo orientale tenutasi l’11 e il 12 novembre 2011 a Nicosia, presso il Dipartimento di Studi sulla Turchia e il Medio Oriente dell’Università di Cipro1.
Oltre a una Introduzione generale a firma di B. Sagaster e M. Strohmeier, il volume consta di dieci contributi, per lo più dedicati al romanzo giallo nel mondo arabo (quattro articoli) e in Turchia (tre articoli), con un’incursione sul romanzo poliziesco in Grecia (un articolo), un contributo sull’isola di Cipro come scenario di alcuni romanzi gialli, e infine un ultimo articolo che intende occuparsi dell’intera area geografica oggetto del libro.
Per quanto riguarda il giallo nel mondo arabo, Alessandro Buontempo2, nel suo ricco contributo dal titolo Vertigo and The Dove’s Necklace as Romans Noirs: A Hypothesis in Arabic Crime Fiction ripercorre le tappe principali del genere, sottolineando il ruolo imprescindibile della traduzione delle opere occidentali (in particolare dei romanzi di Agatha Christie e di Maurice Leblanc) nella formazione della riwāyah būlīsiyyah ‘arabiyyah, nonostante i temi legati alla criminalità fossero già rintracciabili nella letteratura araba classica (a partire dalla “storia delle tre mele” tratta da Le mille e una notte). Buontempo si interroga poi sulla questione della classificazione di alcuni celebri e recenti romanzi considerati come riconducibili alla cosiddetta littérature blanche con particolare riguardo a Vīrtīǧū (Vertigo)3 dell’egiziano Aḥmad Murād (Il Cairo, 1978) e a Ṭawq al-amāmah (Il collare della colomba)4 della saudita Raǧā’ ‘Ālim (La Mecca, 1970). L’autore intende dimostrare come entrambi i romanzi, le cui trame riposano essenzialmente su omicidi e altri gravi crimini, possano rientrare a giusto titolo nel sottogenere del noir.
Di letteratura araba si occupa anche l’articolo Lies and Deceptions: Saint Janjah, Social Critique, and the New Arabic Police Novel di Jonathan Smolin5 dove viene indicato come fattore principale del ritardo – o dell’assenza totale in alcuni paesi arabi – del genere poliziesco quello della percezione diffusa della polizia. Infatti, nel mondo arabo il poliziotto è spesso considerato come difensore dei regimi politici vigenti più che come paladino della pubblica sicurezza. In controtendenza rispetto al resto del mondo arabo, si pone il Marocco dove, nel 1997, viene pubblicato il primo romanzo poliziesco moderno d’espressione araba, al-Ḥūt al-a‘mà (La balena cieca)6 scritto in collaborazione da ‘Abd al-Ilāh al-Ḥamdūšī e Mīlūdī Ḥamdūšī, in un periodo in cui il Paese è investito da importanti cambiamenti verso una maggiore libertà di espressione nella stampa e una maggiore apertura nel campo dei diritti umani, per cui anche il ruolo della polizia nella società finisce inevitabilmente per mutare. Il contributo di Smolin analizza il romanzo successivo dei due autori marocchini, dal titolo al-Qiddīsah Ǧanǧah (Santa Janjah)7, pubblicato nel 1999, che presenta diverse differenze rispetto al primo romanzo. Attraverso una accurata analisi, Smolin dimostra come al-Qiddīsah Ǧanǧah offra una prospettiva radicalmente diversa sul lavoro della polizia in rapporto ad altri romanzi di ‘Abd al-Ilāh al-Ḥamdūšī e di Mīlūdī Ḥamdūšī.
Analogamente a Smolin, anche Roger Celestin8 si interessa di Maghreb nel suo contributo Post-Colonial Slumming Angels: Driss Chraïbi’s Inspector Ali and Yasmina Khadra’s Commissaire Llob, concentrandosi esclusivamente sul romanzo poliziesco d’espressione francese. L’articolo prende in esame due celebri investigatori, l’Ispettore Ali, nato dall’estro creativo del marocchino Driss Chraïbi (El Jadida, 1926-Drôme, 2007) e il Commissario Llob, generato dalla penna dell’algerino Yasmina Khadra (Kenadsa, 1955). Celestin intende dimostrare che se da una parte i due investigatori non sono altro che l’alter ego dei due rispettivi scrittori, dall’altra sia Chraïbi sia Khadra sono ben coscienti dei limiti propri del genere poliziesco attraverso cui non riescono a compiere pienamente la loro missione di cambiamento e rinnovamento della società9.
Nel suo articolo Thus Ruled the Court (Ḥukm al-‘adāla): A collection of True Criminal Cases from Syria Turned into Narratives, Stephan Guth, alla stregua di Buontempo, ripercorre la storia del poliziesco nel mondo arabo, dalla Sūrah XII (Sūrah di Giuseppe) del Corano, che taluni indicano come primo nucleo narrativo d’investigazione nella letteratura araba a Le mille e una notte, fino ad arrivare al movimento di traduzione di polizieschi occidentali fra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo e a una serie di romanzi – come al-Liṣṣ wa ’l-kilāb (Il ladro e i cani)10, di Naǧīb Maḥfūẓ, pubblicato nel 1961, e Mawsim al-hiǧrah ilà ’l-šamāl (La stagione della migrazione a nord) di al-Ṭayyib Ṣāliḥ11, composto nel 1966 – dove i delitti e la suspense, benché ingredienti importanti nella narrazione, vengono intesi come mero intrattenimento. Tuttavia Guth rileva come i veri e propri romanzi polizieschi d’espressione araba siano un fenomeno molto recente, soprattutto nel Mašriq. E proprio su questa regione del mondo arabo, è incentrato il suo articolo: esso esamina i tre volumi dell’opera Ḥukm al-‘adālah (Il giudizio della Corte di Giustizia)12 del siriano Ḥā’il Munīb al-Yūsufī, una raccolta di storie criminali tratte da uno dei più popolari programmi radiofonici siriani, dal medesimo titolo, mandato in onda dal 1977 fino ai giorni nostri. L’analisi si sofferma molto sulle differenze tra la versione letteraria in arabo standard e il programma radiofonico, per lo più in ‘āmmiyyah13, con particolare riguardo alla lingua e allo stile impiegati.
Di Turchia si occupa invece Wolfgang E. Scharlipp nel suo articolo Subgenres in Turkish Crime Fiction, incentrato sulla terminologia internazionale in voga per indicare il giallo e i suoi sottogeneri. Scharlipp prende più in particolare in considerazione il caso turco, dalle prime traduzioni di opere occidentali nel XIX secolo fino alle produzioni originali dei giorni nostri. Vengono analizzate più nello specifico le “storie del gangster gentleman”, fino alla “hard-boiled fiction” passando per le opere delle gialliste turche più celebri, da Fahriye Şükrü in poi. Questa panoramica porta Scharlipp a considerare qualsiasi classificazione relativa ai sottogeneri come fluida e del tutto indicativa.
Anche Zeynep Tüfekçioğlu nel suo articolo dal titolo Let’s Say a Little about What’s There: Contemporary Turkish Crime Fiction and Its Literary Criticism si occupa di Turchia rivolgendo l’attenzione alla critica letteraria turca e ai saggi più recenti che investono il romanzo poliziesco turco14. Lei stessa propone nuovi strumenti di indagine e piste innovative di ricerca per analizzare la produzione giallistica in Turchia.
Un celebre romanzo turco è analizzato nello specifico nel contributo di Karin Schweißgut dal titolo Religious Themes in Contemporary Turkish Crime Literature: si tratta di Peygamber Cinayetleri (Gli assassini del profeta) di Mehmet Murat Somer (Ankara, 1959)15. Schweißgut fornisce una lettura interessante del romanzo scandagliando i temi legati alla religione, deducibili fin dai nomi propri delle vittime, tutti di origine biblica o coranica.
Si cambia area culturale nel contributo Bloody metalanguage? Crime fiction in Greece, 1991-2011 di Panagiotis Agapitos, docente universitario, oltre che scrittore di romanzi gialli ambientati nella Bisanzio medievale. In questo articolo, l’autore ripercorre la storia del poliziesco greco, con particolare riguardo al ventennio 1991-2011. Anche per la Grecia, come per il mondo arabo e la Turchia, l’avventura del giallo ha inizio con le traduzioni di opere straniere, prima della Seconda Guerra Mondiale, per poi avere un’evoluzione negli anni ’50 con opere originali. Oltre a ricordare i principali autori del genere degli ultimi anni, da Petros Markaris (Istanbul, 1937) ad Athina Kakouri (Patrasso, 1928), Agapitos intende individuare gli ingredienti principali del giallo greco, tratti che sono comuni, con gradazioni diverse, ad altri polizieschi mediterranei: la sferzante critica contro la corruzione dilagante, la particolare enfasi data al cibo e alla cucina, l’uso della violenza e del sesso, nonché la spiccata misoginia che emerge dalla penna dei romanzieri uomini. L’articolo è corredato da due appendici: la prima presenta una lista dei maggiori giallisti greci dagli anni Cinquanta a oggi; la seconda è un’intervista che lo stesso Panagiotis Agapitos, in qualità di romanziere, ha rilasciato a Chryso Pelekani, dottorando presso l’Università di Cipro.
L’articolo Cyprus as A Crime Scene: Paris Aristides’ The Viper’s Kiss and Hasan Doğan’s Murder on the Lost Island di Börte Sagaster è dedicato all’isola di Cipro come scenografia di due gialli contemporanei. Il primo romanzo, The Viper’s Kiss, scritto dal greco-cipriota Paris Aristides, del 2004, è ambientato nella parte greca di Cipro, mentre Kayıp Adada Cinayet (Omicidio nell’isola perduta), pubblicato nel 2001 dal turco Hasan Doğan, è ambientato invece nella parte turca dell’isola.
L’avvocatessa Silvia Tellenbach con il suo Law, Crime, and Society in the Middle East tenta di unire le aree geografiche sopra menzionate, attraverso uno studio accurato, corredato da statistiche, sulla criminalità nel cosiddetto Medio Oriente. Il contributo è di estremo interesse perché, se da un lato mette in evidenza quali sono i fattori di prevenzione del crimine (dalla forte pressione sociale al controllo capillare della polizia e dei servizi segreti), dall’altro delinea i reati più frequenti, come il delitto d’onore. Ciò che tuttavia disturba in questo studio è l’inclusione nel grande ombrello “Middle East” anche di paesi che non fanno parte della regione come il Marocco, l’Algeria, la Tunisia. A meno che l’autrice non volesse intendere “Middle East” in senso meramente giornalistico, appare evidente agli occhi di un arabista che sarebbe stato più corretto menzionare, già nel titolo, anche “Maghreb” o al limite “North Africa”.
E purtroppo l’inquadramento geografico è, in generale, ad avviso di chi scrive queste righe, il limite maggiore dell’intero volume: alcuni paesi del bacino levantino del Mediterraneo ([…] in the Eastern Mediterranean, recita infatti il titolo del libro) sono totalmente assenti – Palestina/Israele in primis, ma anche il Libano16. Allo stesso tempo, non viene giustificata in modo convincente la scelta dei paesi «around the Eastern Mediterranean»: vengono trattati Marocco, Algeria e Arabia Saudita, difficilmente collocabili in un’area mediterranea “orientale”, senza di fatto esplicitare i motivi del criterio selettivo.
Balza poi una contraddizione forse sfuggita agli occhi dei curatori, quella relativa al legame che unisce i due scrittori marocchini ‘Abd al-Ilāh al-Ḥamdūšī e Mīlūdī Ḥamdūšī: secondo Stephan Guth i due romanzieri sono fratelli [p. 77 e p. 78], mentre Jonathan Smolin esclude qualsiasi parentela fra i due [nota 13 di p. 46].
Queste osservazioni finali non inficiano ovviamente in alcun modo il valore intrinseco del volume: esso è al contempo un invito e un importante tassello alla scoperta del cosiddetto “giallo mediterraneo” a tutto tondo, che oramai non può più essere rappresentato esclusivamente dalle opere dei grandi Manuel Vázquez Montalbán, Andrea Camilleri o Jean-Claude Izzo.

Angela Daiana Langone


1 Il programma del convegno è ancora consultabile sul sito dell’Università di Copenaghen: www.ccrs.ku.dk (consultazione del 02/11/2017).
2 L’autore si è già occupato del crimine nella letteratura araba in particolare in: A. Buontempo, Il crimine nell’opera di Naǧīb Maḥfūẓ, in “La Rivista di Arablit”, II, 3 (2012), pp. 66-78.
3 Aḥmad Murād, Vīrtīǧū, Dār Mīrīt, al-Qāhirah 2007. Il romanzo è stato tradotto anche in italiano: Ahmad Mourad, Vertigo, traduzione dall’arabo di B. Teresi, Marsilio, Venezia 2012.
4 Raǧā’ ‘Ālim, Ṭawq al-amāmah, al-Markaz al-Ṯaqāfī, al-Dār al-Bayḍā’ 2010. Il romanzo è stato tradotto anche in italiano: Raja Alem, Il collare della colomba, traduzione dall’arabo di M. Avino, Marsilio, Venezia 2014. Il libro è stato recensito da Paola Viviani. Cfr. P. Viviani, Intrighi alla Mecca nel recente romanzo di Raǧā’ ‘Ālim [Raja Alem] Ṭawq al-ḥamāmah (Il collare della colomba), in “La Rivista di Arablit”, I, 1 (2010), pp. 197-199.
5 Jonathan Smolin è autore di diversi studi sul romanzo poliziesco, segnatamente in Marocco. Si veda in particolare: J. Smolin, Moroccan Noir: Police, Crime, and Politics in Popular Culture, Indiana University Press, Bloomington 2013.
6 ‘Abd al-Ilāh al-Ḥamdūšī-Mīlūdī Ḥamdūšī, al-Ḥūt al-a‘mà, ‘Ukāẓ, al-Ribāṭ 1997.
7 ‘Abd al-Ilāh al-Ḥamdūšī-Mīlūdī Ḥamdūšī, al-Qiddīsah Ǧanǧah, ‘Ukāẓ, al-Ribāṭ 1999.
8 Roger Celestin (alias Roger Célestin) è autore di altri saggi sul polar maghrebino. Si veda, ad esempio: R. Célestin, Driss Chraïbi’s Une Place au Soleil: the King, the Detective, the Banker, and Casablanca, in The Postcolonial Detective, Edited by E. Christian, Palgrave Macmillan, Basingstoke 2001, pp. 193-205.
9 Tant’è vero che tutti e due si impegnano nella scrittura di romanzi che si allontano dalla serie poliziesca. Driss Chraïbi parallelamente alla serie dell’Ispettore Ali, ha scritto, durante la sua carriera, numerose altre opere non appartenenti al genere, dal celeberrimo Le Passé Simple (1954) a L’Homme du Livre (1995), in cui il protagonista non è altri che il Profeta nei tre giorni che precedono la Rivelazione. Quanto a Yasmina Khadra, è anche autore di romanzi storici e biografici come La Dernière Nuit du Raïs (2015). Quest’ultimo romanzo, tradotto anche in italiano, è stato recensito da E. Diana, Yasmina Khadra, L’ultima notte del Rais, traduzione dal francese di M. Di Leo, Sellerio, Palermo 2015, pp. 165 (ed. or.: La dernière nuit de Kadhafi, Julliard, Paris 2015), in “La Rivista di Arablit”, VI, 11 (2016), pp. 75-80.
10 Nagib Mahfuz, Il ladro e i cani, traduzione di V. Colombo, Feltrinelli, Milano 1989 (Tascabili Feltrinelli, 1999).
11 Tayeb Salih, La stagione di Migrazione al Nord, traduzione e introduzione di F. Leggio, Sellerio, Palermo 1992.
12 Ḥā’il Munīb al-Yūsufī, Ḥukm al-‘adālah: qiṣaṣ iǧtimāiyyah min milaffāt al-qaḍā’ wa ’l-amn al-ǧinā’ī, 3 voll., Dār al-Aḥbāb, Dimašq 2009 (2^ ed.).
13 I testi della trasmissione radiofonica in arabo siriano sono stati pubblicati ben prima della versione letteraria in un volume che ho recuperato durante un mio soggiorno a Damasco nei primi anni duemila. Si tratta di: Ḥā’il Munīb al-Yūsufī, Ḥukm al-‘adālah min milaffāt al-qaḍā’, Mu’assasat al-Nūrī, Dimašq 1994.
14 Fra questi saggi, si segnala in particolare: E. Üyepazarcı, Korkmayınız Mister Sherlock Holmes!, Oğlak Yayıncılık, İstanbul 2008.
15 M.M. Somer, Peygamber Cinayetleri, İletişim, İstanbul 2003. Il romanzo è stato tradotto anche in italiano: M.M. Somer, Gli assassini del profeta, traduzione dal turco di P. Ragazzi, Bompiani, Milano 2010.
16 D’altro canto, l’omissione di alcuni paesi e, al contrario, il peso rilevante riservato ad altri, è segnalato dagli stessi curatori nella Introduzione: «While the crime fiction of Israel and Lebanon in not represented, crime fiction in Turkey figures in four articles» [p. 7].

This is an Article from La Rivista di Arablit - Anno VIII, numero 15, giugno 2018

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L’Autore

Angela Daiana Langone | Ricercatore di Lingua e letteratura araba presso il Dipartimento di Filologia, Letteratura, Linguistica dell’Università degli Studi di Cagliari; chercheuse associée presso l’IREMAM (Institut de Recherches et d’Etudes sur le Monde Arabe et Musulman) UMR 7310 Université Aix-Marseille.