Il prestito: un processo di acculturazione (esempi di letteratura araba tradotta in italiano)

(The loan: a process of acculturation [samples from the Arabic literature translated into Italian])

in La rivista di Arablit, a. XII, n. 24, dicembre 2022, pp. 133-156.

When a literary text is translated into the “language of Dante”, it very often carries elements of its original culture while also preserving linguistic formulas. Therefore, the Italian used in any translation – and especially in a translation from Arabic – cannot be “pure” standard Italian, but it is part of the so-called “Italian of translations”. In this sense, in some cases, a loanword turns out to be the best solution to ensure cultural transfer. For an Italian person, reading a novel translated from Arabic means approaching another world and opening up to another culture well different from his/her own. This contribution intends to offer some food for thought on the use of loanwords as a translation technique, focusing in particular on various expressions of this strategy and analysing the effects produced in some examples from Italian translations of novels written in Arabic.

Introduzione

La storia attesta intensi contatti culturali tra mondo arabo-islamico e Occidente sin dall’età medievale durante la quale «l’arabo rappresentò lo strumento di un fecondo incontro culturale»1. In effetti, non solo in Italia2, ma in tutto l’Occidente “colto” che desiderava attingere alle conoscenze arabe in vari campi del sapere, fu adottata una vasta terminologia di origine araba in medicina, in alchimia, in astronomia, ecc., molto spesso assumendo una forma latinizzata3.

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1L. Pizzoli, Italiano e arabo, in La lingua nella storia d’Italia, a cura di L. Serianni, Società Dante Alighieri, Roma 2001, p. 641.

2Il caso italiano è molto particolare perché gli Arabi si sono impadroniti dell’Italia meridionale dai primi anni del IX secolo e vi sono rimasti per due secoli e mezzo circa. Dopo la loro sconfitta, i Normanni hanno ereditato la cultura araba e l’hanno assimilata con grande tolleranza, soprattutto con gli Altavilla e in seguito con Federico II di Svevia. Marco Mancini nota che questa epoca è stata un esempio di reciproca attrazione culturale fra Latini e Arabi: «Sotto la dinastia normanna e successivamente sotto Federico II (1194-1250) la compenetrazione fra cultura latina e cultura islamica si manifesta attraverso una serie di segni emblematici: dalle monete, in cui vengono riprodotti in caratteri arabi nomi di differenti sovrani della casa degli Altavilla (si vedano ad esempio i Tarì in cui compare l’esergo bi ’amr Rūǧar qomeṣ Ṣiqillīya ‘per ordine di Ruggero conte di Sicilia’), alle celebri miniature come quella apposta su una copia del Liber ad honorem Augusti di Pietro da Eboli in cui è raffigurato il Re Guglielmo II il Buono curato da un Achim medicus accanto ad un astrologus entrambi in vesti arabe, sino naturalmente alla produzione libraria che comprende non solo semplici traduzioni ma anche tratti originali come il De Arte venandi cum avibus dello stesso Federico II». Cfr. M. Mancini, La cultura araba, in Lo spazio letterario del Medioevo. 1. Il Medioevo latino. Volume 1 Tomo 1 La produzione del testo, diretto da G. Cavallo; C. Leonardi; E. Menesto, Salerno Editrice, Roma 1992, p. 204.

3B. Migliorini, Storia della lingua italiana. Nuova edizione, Bompiani, Milano 2019, p. 225.

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L’Autore

Hanane El Bakkali |